Italia: vuoto il 23% degli alloggi
in Lombardia è il 15%
Ma la Regione ne vuole molti di più

Il consumo di suolo non è certo un tema che preoccupa più di tanto i politici in Regione Lombardia, e in particolare il consigliere forzista Fabio Altitonante, che quando era assessore provinciale, fino allo scorso anno, ha promosso la Tangenziale est esterna, l’outlet di campagna a Locate e lo scippo di 150mila mq di terreni agricoli del Parco Sud a Rosate e Vignate. E tagliamo corto. Ora, sale alla ribalta della cronaca per avere scritto il testo della legge regionale sul consumo di suolo, che verrà frettolosamente portato in aula il prossimo 11 novembre.
Come abbiamo già avuto modo di evidenziare (vedi articolo) la legge contiene in realtà un’incitazione al consumo di suolo, promuovendo la realizzazione entro tre anni di tutti i faraonici Pgt (Piani di governo del territorio) dei comuni lombardi, che nel complesso pianificano cemento per oltre 500milioni di mq -qualcosa come 3-4 volte l’estensione della città di Milano- per dare casa ad almeno 1 milione di nuovi abitanti. Infatti se i progetti verranno presentati e approvati entro i prossimi 3 anni, alle immobiliari sarà concessa la rateizzazione degli oneri di urbanizzazione!
La motivazione di tanto sprone è semplice: “Conosciamo bene l’importanza del settore, che – precisa Altitonante – in Lombardia occupa quasi 300mila persone, per un valore superiore ai 20 miliardi di euro all’anno”. Ok, diamo atto ad Altitonante che l’edilizia da tempo ha fatto da traino all’economia lombarda e nazionale. Ma avendo con oltre 735mila alloggi vuoti in Lombardia (vedi la tabella dei dati Istat), continuare su questa strada significa “soffiare sulle ceneri spente di una vicenda speculativo-immobiliare che ha largamente chiuso il suo ciclo”, come afferma Legambiente, con gravi danni, al territorio, all’ambiente e, in ultima analisi, anche al settore delle costruzioni, travolto dai fallimenti per via del crescente invenduto. 

Italia: vuoto il 23% degli alloggi
in Lombardia è il 15%
Ma la Regione ne vuole molti di più

Il consumo di suolo non è certo un tema che preoccupa più di tanto i politici in Regione Lombardia, e in particolare il consigliere forzista Fabio Altitonante, che quando era assessore provinciale, fino allo scorso anno, ha promosso la Tangenziale est esterna, l’outlet di campagna a Locate e lo scippo di 150mila mq di terreni agricoli del Parco Sud a Rosate e Vignate. E tagliamo corto. Ora, sale alla ribalta della cronaca per avere scritto il testo della legge regionale sul consumo di suolo, che verrà frettolosamente portato in aula il prossimo 11 novembre.
Come abbiamo già avuto modo di evidenziare (vedi articolo) la legge contiene in realtà un’incitazione al consumo di suolo, promuovendo la realizzazione entro tre anni di tutti i faraonici Pgt (Piani di governo del territorio) dei comuni lombardi, che nel complesso pianificano cemento per oltre 500milioni di mq -qualcosa come 3-4 volte l’estensione della città di Milano- per dare casa ad almeno 1 milione di nuovi abitanti. Infatti se i progetti verranno presentati e approvati entro i prossimi 3 anni, alle immobiliari sarà concessa la rateizzazione degli oneri di urbanizzazione!
La motivazione di tanto sprone è semplice: “Conosciamo bene l’importanza del settore, che – precisa Altitonante – in Lombardia occupa quasi 300mila persone, per un valore superiore ai 20 miliardi di euro all’anno”. Ok, diamo atto ad Altitonante che l’edilizia da tempo ha fatto da traino all’economia lombarda e nazionale. Ma avendo con oltre 735mila alloggi vuoti in Lombardia (vedi la tabella dei dati Istat), continuare su questa strada significa “soffiare sulle ceneri spente di una vicenda speculativo-immobiliare che ha largamente chiuso il suo ciclo”, come afferma Legambiente, con gravi danni, al territorio, all’ambiente e, in ultima analisi, anche al settore delle costruzioni, travolto dai fallimenti per via del crescente invenduto.

 

Le altre perle della legge regionale

La consultazione della Commissione Territorio – Regione Lombardia sul consumo di suolo, svoltasi lo scorso 27 ottobre, ha incassato una selva di pareri negativi dall’ANCE (i costruttori edili) alle associazioni agricole (Coldiretti, Cia e Confagricoltura), comprendendo ovviamente il FAI e Legambiente.
In sintesi, la legge in discussione è fuorviante già dal titolo: “Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato”. In realtà, come detto, la legge incentiva con la dilazione degli oneri di urbanizzazione la corsa al consumo di ulteriore suolo, almeno per i prossimi tre anni (salvo ulteriori generosi slittamenti). Per contro, ci si aspetterebbe, nell’articolo 4 delle incentivazioni, qualche misura concreta per aiutare gli interventi di rigenerazione urbana, invece ci si limita a parlare di fumose “priorità nella concessione di finanziamenti regionali” ai comuni che avviano azioni in tal senso.
Anche nella definizione dell’attuale stato del consumo di suolo il testo fa una forzatura da brividi, includendo i nuovi ambiti di trasformazione previsti negli ipertrofici Pgt dei comuni lombardi: una marea, come detto, di oltre 500milioni di mq. In tutte le realtà europee invece si considera lo stato di fatto, non le previsioni urbanistiche, nel caso lombardo ampiamente  sovrastimate. Sempre contro qualunque logica, anche le infrastrutture pubbliche individuate dalla Giunta non consumeranno suolo: forse vogliono farci credere che le centinaia di km di nuove autostrade propinate da Maroni saranno librate nell’aria, senza neppure fare ombra alle coltivazioni agricole!
Se verrà rispettato il calendario annunciato, sarà necessario mobilitarci per l’11 novembre, giorno in cui il progetto di legge sarà portato in Consiglio per la votazione.

Case vuote: quadro desolante (e preoccupante)

Mentre in Regione si discute, escono finalmente i dati nazionali del censimento Istat del 2011, che fotografa impietosamente le dimensioni di una enorme “bolla” immobiliare: su un totale di oltre 31 milioni di appartamenti, ben 7 milioni risultano non abitati: in pratica, quasi un alloggio su quattro risulta vuoto. Gli effetti sono devastanti: un enorme e dissennato consumo di suolo, una distruzione di paesaggio e di agricoltura, ma soprattuto una ipercementificazione generalizzata con drammatici effetti sul più che evidente dissesto idrogeologico nazionale.
Oltre alla tabella qui sotto, riportiamo il testo dell’articolo “Come la corsa al cemento sta rovinando l’Italia”, apparso il 28 ottobre su Repubblica a firma di Alberto Ziparo, professore associato in Pianificazione Urbanistica all’Università degli Studi di Firenze. Considerazioni sagge, che andrebbero lette attentamente dai nostri amministratori regionali e dai consiglieri che si accingono ad approvare una pessima legge sul consumo del suolo.


Come la corsa al cemento sta rovinando l’Italia

Gran parte del nostro suolo è edificato, il doppio rispetto a venti anni fa. Ma molti appartamenti rimangono vuoti. Lo dicono i dati del censimento 2011 secondo cui il 25% degli alloggi è inutilizzato. Ecco perché si deve mettere un freno alla schizofrenia delle politiche urbanistiche
di ALBERTO ZIPARO

Nel nostro  ormai ex Belpaese, il combinato tra la crescita di energia nell’atmosfera causata dai cambiamenti climatici e i dissesti del territorio da ipercementificazione generalizzata rivela effetti sempre più drammatici. Diverse ricerche ne indagano i motivi, anche per quanto riguarda gli aspetti quantitativi.
Il primo dato che emerge è la recente forte crescita di suolo consumato: meno di venti anni fa, l’ingombro era pari alla metà. Il contraltare di questo incredibile consumo di suolo – che significa distruzione di sistemi idrogeologici e di conseguenza dissesti, oltre che perdita di paesaggio – è costituito dall’abnorme quota di volumi, spesso vuoti che sono stati edificati nella “città diffusa” italiana.
I dati del censimento 2011 mostrano che gli appartamenti inutilizzati sono più di sette milioni: in attesa del dato esatto relativo ai vani, infatti, ipotizzando un’ampiezza media di 2,8 stanze per appartamento, si può stimare una quota di circa 20 milioni di stanze vuote. L’aumento di vuoto nel decennio è stato pari al 350%. I dati conclusivi forniti oggi dall’Istat sono impressionanti: oggi il numero degli edifici presenti sul territorio nazionale è pari a circa 14,5 milioni per poco più di 31 milioni di appartamenti residenziali. In attesa di avere il dato netto anche su volumetrie e stanze, appare accettabile la stima di OLT (Osservatorio sui Laboratori Territoriali) di almeno di 18 miliardi di metri cubi edificati, di cui 15,5 miliardi (84,3%) residenziali; laddove il fabbisogno nazionale aggregato è di 6,2 miliardi di metri cubi (siamo 62 milioni di persone, includendo una stima molto largheggiante anche degli immigrati non censiti).
Le Regioni meridionali esasperano il quadro nazionale: la Campania presenta circa 1 milione di edifici, di cui 65.000 vuoti e inutilizzati per una popolazione di 5.760.000 abitanti; la Puglia ha 1.100.000 edifici di cui 54.200 vuoti per quattro milioni circa di abitanti; la Basilicata 117.000 edifici di cui 11.700 vuoti per 580.000 abitanti; la Sicilia 1.722.000 edifici di cui 132.000 vuoti per circa 5 milioni di abitanti; la Calabria 1.250.000 alloggi, di cui 420.000 vuoti per poco meno di 2 milioni di abitanti; la Sardegna presenta “solo” 570.000 edifici, di cui 70.000 vuoti o inutilizzati, per 1.640.000 abitanti.
Il dato relativo agli appartamenti vuoti è strabiliante: quasi un alloggio su quattro è vuoto, con una “punta” presentata ancora dalla Calabria con una quota pari al 40%; seguono Sicilia e Sardegna con circa il 30% del patrimonio abitativo inutilizzato. In Piemonte 1 alloggio su 4 è vuoto, laddove in Veneto e Toscana il rapporto è di uno su cinque circa poco meno del Lazio (22%) e poco più della Lombardia (16%).
Per quanto riguarda le città, in attesa del dato finale, si possono considerare consistenti le proiezioni parziali, che presentano quote di vani vuoti superiori a 100.000 a Torino, Milano e Roma, poco meno a Napoli, decine di migliaia nelle città di Venezia, Padova, Bologna, Firenze e Genova. In diverse città del sud il numero dei vani costruiti supera quello degli abitanti (ancora in Calabria, a Reggio, “il top” con 40.000 stanze in più dei residenti!). In molte aree interne, non solo meridionali, gli edifici sono più degli abitanti. Emerge una considerazione: solo fino a venti anni fa il dato forse più significativo era il rapporto abitanti/stanze. Con il censimento 2001, per l’emergere della “cascata di case”, oltre alla rilevanza di aspetti più sociologici, quale la tendenziale forte crescita delle famiglie mononucleari, è apparso consistente parlare in termini di abitante/appartamento. Oggi diventa significativo e iconico il rapporto abitante/edificio! In Piemonte abbiamo poco più di 3 abitanti per edificio, in Lombardia poco meno di 5, in Toscana poco più di 4, nel Lazio circa 5. Nelle regioni meridionali abbiamo addirittura meno di 3 abitanti per edificio in Sardegna e in Sicilia, 2,5 in Calabria (!), 5 in Campania, 3,2 in Basilicata, poco meno di 4 in Puglia, che è in linea con il dato medio nazionale.
Ci siamo chiesti a lungo perché nel nostro paese si continuasse a costruire, a dispetto del declino demografico (la quota di immigrazione appare tuttora relativa) e socioeconomico. La spiegazione è stata fornita dagli studiosi di marketing immobiliare: da tempo non si costruisce più per la domanda sociale: la rendita fondiaria, poi immobiliare, si è trasformata sempre più in finanziaria. I “nuovi vani” dovevano costituire le “basi concrete” per “costruzioni virtuali” di fondi d’investimento o risparmio gestito. A parte la quota di riciclaggio di capitale illegale, facilmente intrecciata a essa. La schizofrenia delle politiche urbanistiche delle ultime fasi ha largamente favorito tutto ciò, con accelerazioni da parte del presente governo, per cui tutela e attenzione all’ambiente e al paesaggio sono solo declaratio: in realtà si tenta di continuare ad aggirarle per realizzare nuove “Grandi opere inutili” e cementificazioni; come dimostrano lo “Sblocca Italia” e il ddl Lupi, da cancellare subito.

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