Referendum trivelle
7 BUONE RAGIONI per votare Sì

1.    Il tempo delle fonti fossili è scaduto: in Italia il nostro Governo deve investire da subito su un modello energetico pulito, rinnovabile, distribuito e democratico, già affermato nei Paesi più avanzati e innovati del nostro Pianeta.
    2.    Le ricerche di petrolio e gas mettono a rischio i nostri mari e non danno alcun beneficio durevole al Paese. Tutto il petrolio presente nei fondali del mare italiano basterebbe a coprire solo 7 settimane di fabbisogno energetico, e quelle di gas appena 6 mesi.
    3.    L’estrazione di idrocarburi è un’attività inquinante, con un impatto rilevante sull’ambiente e sull’ecosistema marino. Anche le fasi di ricerca utilizzando la tecnica dell’airgun (esplosioni di aria compressa), hanno effetti devastanti per l’habitat e la fauna marina.
    4.    In un sistema chiuso come il mar Mediterraneo un eventuale incidente sarebbe disastroso e l’intervento umano è pressoché inutile, come dimostra l’incidente avvenuto nel 2010 nel Golfo del Messico alla piattaforma Deepwater Horizon che ha provocato il più grave inquinamento da petrolio mai registrato nelle acque degli Stati Uniti.
    5.    Trivellare il nostro mare è un affare per i soli petrolieri, che in Italia trovano le condizioni economiche tra le più vantaggiose al mondo. Il “petrolio” degli italiani è ben altro: turismo, pesca, produzioni alimentari di qualità, biodiversità, innovazione industriale ed energie alternative.
    6.    Oggi l’Italia produce più del 40% della sua energia elettrica da fonti rinnovabili, con 60mila addetti tra diretti e indiretti, e una ricaduta economica di 6 miliardi di euro.
    7.    Alla Conferenza ONU sul Clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre, l’Italia – insieme ad altri 194 paesi – ha sottoscritto uno storico impegno a contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, perseguendo con chiarezza e decisione l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili. Fermare le trivelle vuol dire essere coerenti con questo impegno.
Domande frequenti
Quando si vota? Chi può votare? Cosa dice esattamente il quesito referendario? Cosa accade se non si raggiunge il quorum o vince il no? ecc…

Referendum trivelle
7 BUONE RAGIONI per votare Sì

1.    Il tempo delle fonti fossili è scaduto: in Italia il nostro Governo deve investire da subito su un modello energetico pulito, rinnovabile, distribuito e democratico, già affermato nei Paesi più avanzati e innovati del nostro Pianeta.
    2.    Le ricerche di petrolio e gas mettono a rischio i nostri mari e non danno alcun beneficio durevole al Paese. Tutto il petrolio presente nei fondali del mare italiano basterebbe a coprire solo 7 settimane di fabbisogno energetico, e quelle di gas appena 6 mesi.
    3.    L’estrazione di idrocarburi è un’attività inquinante, con un impatto rilevante sull’ambiente e sull’ecosistema marino. Anche le fasi di ricerca utilizzando la tecnica dell’airgun (esplosioni di aria compressa), hanno effetti devastanti per l’habitat e la fauna marina.
    4.    In un sistema chiuso come il mar Mediterraneo un eventuale incidente sarebbe disastroso e l’intervento umano è pressoché inutile, come dimostra l’incidente avvenuto nel 2010 nel Golfo del Messico alla piattaforma Deepwater Horizon che ha provocato il più grave inquinamento da petrolio mai registrato nelle acque degli Stati Uniti.
    5.    Trivellare il nostro mare è un affare per i soli petrolieri, che in Italia trovano le condizioni economiche tra le più vantaggiose al mondo. Il “petrolio” degli italiani è ben altro: turismo, pesca, produzioni alimentari di qualità, biodiversità, innovazione industriale ed energie alternative.
    6.    Oggi l’Italia produce più del 40% della sua energia elettrica da fonti rinnovabili, con 60mila addetti tra diretti e indiretti, e una ricaduta economica di 6 miliardi di euro.
    7.    Alla Conferenza ONU sul Clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre, l’Italia – insieme ad altri 194 paesi – ha sottoscritto uno storico impegno a contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, perseguendo con chiarezza e decisione l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili. Fermare le trivelle vuol dire essere coerenti con questo impegno.

Domande frequenti

Quando si vota?
Il 17 aprile dalle 07.00 – 23.00 presso il seggio a cui sei iscritto, controlla il numero sulla tua tessera elettorale. Al contrario di altre volte si voterà un solo giorno, la domenica.
Cosa si vota?
Il prossimo 17 aprile si terrà un referendum popolare di tipo abrogativo. Strumento previsto dalla Costituzione italiana per richiedere la cancellazione di tutta o parte di una legge dello Stato. Affinché il referendum sia valido occorre che vada a votare almeno il 50% + 1 degli aventi diritto al voto. Affinché la proposta di abrogazione venga approvata occorre che la maggioranza voti “Sì”.
Chi può votare?
Hanno diritto al voto tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto la maggiore età. Gli italiani residenti all’estero, secondo le normali procedure di voto. I fuori sede potranno votare nel proprio Comune di residenza o iscrivendosi come “rappresentanti di lista” nel Comune dove si studia o lavora.
Dove si vota?
In tutta Italia e non solo nelle Regioni che hanno promosso il referendum, nei normali seggi elettorali, dove ci si reca solitamente per le consultazioni elettorali, muniti della propria tessera elettorale.
Cosa dice esattamente il quesito referendario?
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
Cosa andiamo a votare?
Con il referendum del 17 aprile si chiede agli elettori di fermare le trivellazioni in mare, tutelando non solo il mare italiano ma l’intero Mediterraneo da possibili disastri ambientali. Raggiungendo il quorum e votando SI si otterrà la cancellazione della norma che consente alle società petrolifere che attualmente estraggono gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane, di continuare in questa operazione fino ad esaurimento del giacimento, senza limiti di tempo. Le attuali normative italiane non consentono di trivellare nuovi giacimenti per il futuro. Questo vuol dire che se si vuole tornare ad avere un limite alle estrazioni in atto e mettere fine alle politiche petrolifere del Governo occorre votare “Sì” al referendum. In questo modo, le attività petrolifere andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni.
Cosa accade se non si raggiunge il quorum o vince il no?
Nel caso in cui non si raggiungesse il quorum previsto, pari al 50%+1 degli aventi diritto al voto, il Parlamento potrebbe prevedere che si torni a cercare ed estrarre gas e petrolio ovunque rimettendo in piedi in vecchi progetti, come Ombrina. Raggiungere il quorum e vincere il referendum è un’occasione straordinaria per il nostro Paese per lo sviluppo di un sistema energetico sostenibile e democratico basato sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica
Andare a votare è utile?
A seguito di un eventuale esito positivo del referendum, il Parlamento o il Governo non potrebbero modificare il risultato ottenuto, la cancellazione della norma sarebbe immediatamente operativa. Come ha più volte precisato la Corte costituzionale, il Parlamento italiano non può modificare il risultato che si è avuto con il referendum, questo lederebbe la volontà popolare.
È vero che se vincesse il “sì” si perderebbero moltissimi posti di lavoro?
No. La vittoria del “Sì” non farebbe perdere alcun posto di lavoro: neppure uno. Un esito positivo del referendum farebbe cessare le attività petrolifere progressivamente secondo la naturale scadenza contratta al momento del rilascio della concessione. La norma è stata approvata successivamente al permesso di estrazione, quindi tutti sapevano che la durata sarebbe stata di trent’anni con la possibilità di un’ulteriore proroga per un massimo di 20 anni.
Al contrario puntare su un sistema energetico diffuso e sostenibile potrebbe portare alla nascita di decine di migliaia di nuovi posti di lavoro. Già oggi gli occupati nel settore delle fonti rinnovabili sono maggiori di quelli del mondo Fiat, con oltre 65mila unità. Se si decidesse di puntare sullo sviluppo di queste tecnologie i posti di lavoro potrebbero arrivate a 800mila, 200 nel mondo delle fonti rinnovabili e 400mila in quello dell’efficienza energetica. 

Oltre il danno la beffa Le riserve su cui punta il Governo non sono in alcun modo direttamente collegate al soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale. Qualora lo fossero le riserve certe presenti sotto il mare italiano sarebbero in grado di soddisfare il fabbisogno energetico del nostro Paese per 7 settimane per il petrolio e 6 mesi per il gas. Gli idrocarburi presenti in Italia appartengono al patrimonio dello Stato, ma lo Stato attraverso le concessioni lo cede in realtà alle società petrolifere. Saranno queste poi a deciderne la destinazione finale, con la possibilità naturalmente di rivenderlo allo Stato italiano Inoltre sono diversi i sussidi indiretti e gli sconti applicati a coloro che sfruttano le risorse fossili nel territorio italiano. A partire proprio dalle royalties irrisorie – pari al 10% per la terraferma e il 7% per il petrolio in mare – che rendono le estrazioni petrolifere estremamente vantaggiose, e a dirlo sono le stesse compagnie petrolifere che vengono in Italia ad estrarre combustibili fossili e inquinanti. In base alle leggi italiane, infatti, sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50 mila tonnellate di petrolio prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi standard di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi standard in mare. Addirittura gratis, cioè esentate dal pagamento di qualsiasi aliquota, le produzioni in regime di permesso di ricerca. Per far capire i vantaggi per chi trivella in Italia bisogna confrontare la situazione italiana con quella di altri Paesi europei. Se in Italia avessimo portato le royalties al 50%, nel 2014 ci saremmo trovati invece che con un gettito di 401,9 milioni di euro circa con uno da 1,9 miliardi. Stiamo parlando, è bene ribadirlo, della tassazione su risorse che sono nel sottosuolo e che in ogni Paese sono sottoposte a specifica concessione e prelievo. Dunque un prelievo fiscale diverso da quello che riguarda le imprese. Per esempio, in Danimarca dove non esistono più royalties ma si applica un prelievo fiscale totale per le attività di esplorazione e produzione, questa arriva fino al 77%. In Inghilterra può arrivare fino all’82% mentre in Norvegia è al 78% a cui però bisogna aggiungere dei canoni di concessione. Senza dimenticare la beffa, sempre in tema di royalties, che quanto dovuto alle Regioni viene dedotto dalle tasse da parte delle imprese.
Un futuro 100% rinnovabile è possibile?
Sì. La lunga crisi e la straordinaria spinta delle fonti rinnovabili di questi anni hanno cambiato il sistema energetico italiano in una dimensione che nessuno avrebbe potuto immaginare! Infatti mentre negli ultimi 10 anni i consumi energetici calavano del 2,3% e la produzione termoelettrica scendeva del 34,2% le fonti rinnovabili crescevano arrivando a coprire il 40% del fabbisogno elettrico nazionale. Non solo ma nel 2014 l’Italia è stato il primo Paese al mondo per incidenza del solare rispetto ai consumi elettrici. In Italia oggi ci sono oltre 850mila impianti da fonti rinnovabili, che danno lavoro ad oltre 60mila persone, tra diretti e indiretti, con una ricaduta economica pari a 6 miliardi di euro. Ma la vera grande innovazione necessaria al nostro Paese è quella di ridurre la dipendenza da petrolio e gas e non cambiare fornitore. Inoltre solo spingendo le rinnovabili attraverso l’autoproduzione e la produzione e distribuzione locale possiamo ridurre l’utilizzo di gas nelle case, grazie all’utilizzo di filiere elettriche da rinnovabili e quello di benzina/petrolio, attraverso la mobilità elettrica.
Anche la ricerca degli idrocarburi è pericolosa?
Sì. l’airgun è il metodo di ricerca più utilizzato nel settore delle attività estrattive per la sua capacità di fornire un rilievo dettagliato e affidabile della stratigrafia dei fondali marini. Il meccanismo prevede il rapido rilascio di aria compressa che, producendo una bolla che si propaga nell’acqua, genera onde a bassa frequenza. Il rumore prodotto da un airgun è pari a 100.000 volte quello di un motore di un jet. Negli ultimi anni la comunità scientifica internazionale ha iniziato a porre attenzione al fenomeno dell’inquinamento acustico in ambiente acquatico, arrivando alla conclusione che questa attività ha effetti negativi sulla fauna marina, in particolare sui Cetacei. Gli impatti possono essere di tipo fisiologico, comportamentale, percettivo, cronico ed indiretto. Ci sono casi in cui dei rumori molto forti, come le esplosioni a breve distanza, hanno prodotto danni fisici permanenti anche ad organi diversi da quelli specificamente uditivi, portando in alcuni casi al decesso dell’esemplare colpito. Gli effetti negativi sono visibili anche sulle attività di pesca. Uno studio del Norvegian Institute of Marine Research riporta come si sia registrata una diminuzione del pescato anche del 50% intorno ad una sorgente sonora che utilizza airgun, con evidenti impatti economici nelle realtà territoriali direttamente interessate e limitrofe.
Qual è la vera ricchezza per il nostro paese?
Il vero “petrolio” italiano è rappresentato dal turismo, dalla pesca sostenibile, dal paesaggio, cultura, innovazioni industriali e energie alternative. Trivellare il mare italiano vuol dire mettere a rischio tutti questi mondo, non soltanto dal punto di vista di patrimonio naturale ma anche economico e sociale.

Comitato regionale lombardo “Vota Si per fermare le trivelle”
Acli Milano, Act Milano, Arci Lombardia e Milano, Associazione per il Parco Sud Milano Onlus, Circolo Lato B Milano – Associazione La Freccia, Comitato Acqua Pubblica Milano, Comitato No Muos Milano, CIA confederazione italiana agricoltori Lombardia, EcoAlba onlus, Greenpeace gruppo locale Milano, Italia Nostra Milano, Legambiente Lombardia Onlus, Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito, Link-Sindacato Universitario Milanese, Lipu, Possibile Agorà, Possibile è nostra!, Rete della Conoscenza, Sinistra Anticapitalista,  Sinistra Nord Milano, Studenti indipendenti, Unione Degli Universitari Milano, USB Lombardia, Verdi Ambiente e Società , Wwf Lombardia

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