La legge regionale sui Parchi
non promuove la partecipazione
Legambiente propone incontri nei territori

21 marzo 2017. La legge regionale 28/2016 prevede la razionalizzazione dei Parchi e li suddivide in 9 macroaree: entro il 18 aprile, le aree protette (inclusi i 24 attuali Plis – Parchi locali di interesse sovracomunale) dovranno decidere se procedere all’accorpamento o scegliere l’autonomia. A oggi, l’unica realtà che si è assunta questa ruolo di coordinamento è la Città Metropolitana di Milano, coinvolta nel processo di riforma in virtù della sua veste di ente gestore del Parco Agricolo Sud Milano (vedi nostro articolo).
“L’attuale legge è insufficiente per affrontare la sfida contemporanea della riorganizzazione dei parchi regionali – sottolinea Marzio Marzorati, responsabile Aree protette di Legambiente Lombardia – il testo non stabilisce una regia nella pianificazione delle aree omogenee e le Linee Guida della Regione appaiono incomplete e superficiali, non indicando una modalità di coordinamento che porti a proposte omogenee e coerenti con le Macro aree e con le effettive opportunità di gestione e attuazione. Ci sembra che manchi una strategia di lungo termine da parte della Regione…

La legge regionale sui Parchi
non promuove la partecipazione
Legambiente propone incontri nei territori

21 marzo 2017. La legge regionale 28/2016 prevede la razionalizzazione dei Parchi e li suddivide in 9 macroaree: entro il 18 aprile, le aree protette (inclusi i 24 attuali Plis – Parchi locali di interesse sovracomunale) dovranno decidere se procedere all’accorpamento o scegliere l’autonomia. A oggi, l’unica realtà che si è assunta questa ruolo di coordinamento è la Città Metropolitana di Milano, coinvolta nel processo di riforma in virtù della sua veste di ente gestore del Parco Agricolo Sud Milano (vedi nostro articolo).
“L’attuale legge è insufficiente per affrontare la sfida contemporanea della riorganizzazione dei parchi regionali – sottolinea Marzio Marzorati, responsabile Aree protette di Legambiente Lombardia – il testo non stabilisce una regia nella pianificazione delle aree omogenee e le Linee Guida della Regione appaiono incomplete e superficiali, non indicando una modalità di coordinamento che porti a proposte omogenee e coerenti con le Macro aree e con le effettive opportunità di gestione e attuazione. Ci sembra che manchi una strategia di lungo termine da parte della Regione sul futuro delle aree verdi lombarde, per mettere la tutela del suolo al centro dello sviluppo locale. Si è persa, così, un’occasione per far nascere la Rete Ecologica regionale e far diventare le tutele cogenti dal punto di vista territoriale. La legge innesta un processo verticistico e di carattere prettamente amministrativo, ma non promuove la partecipazione in un settore molto delicato, in cui -ad esempio- potrebbero innestarsi percorsi di progettazione territoriale”.

Per far nascere anche il Parco del Fiume Po

Legambiente, sulla falsariga di come operato dall’Ente Parco Agricolo Sud Milano, ha deciso di promuovere una serie di incontri nei territori delle 9 Macro aree individuate dalla normativa, per avviare un dialogo sulla riforma con i soggetti portatori di interesse e spingere le popolazioni locali e i diversi attori economici interessanti alla valorizzazione delle aree protette verso una maggiore consapevolezza, per trovare risposte efficaci alle gravi difficoltà gestionali.
Tra le 9 macro aree una delle più problematiche è quella del Ticino, dove l’accorpamento obbligatorio delle aree Natura2000 della Lomellina potrebbe rappresentare un’occasione unica di espansione della protezione e della pianificazione integrata dei siti europei, ma serve necessariamente il coinvolgimento e la mediazione del mondo agricolo.
“Un discorso a parte -dichiarano da Legambiente- merita l’Oltrepò che non ha mai saputo e voluto creare un’area di conservazione e protezione ambientale significativa, nonostante le tante opportunità generate da ingenti risorse riversate in questo territorio dai fondi europei, dalla Regione e da altri Enti”.
L’ambito al centro dell’attenzione di Legambiente è quello del fiume Po, che nella riforma non viene compreso in una macro area specifica e viene assegnato a una eccessiva numerosità di enti gestori, ciascuno per la propria area di influenza. La rete ecologica non viene considerata in questo processo aggregativo e i corridoi ecologici rimangono una ragnatela teorica della biodiversità, senza alcun impegno di conservazione delle connessioni: “Non possiamo lasciare che anche l’attuale riforma manchi l’obiettivo di una tutela integrata per l’intero sviluppo del nostro grande fiume, che oggi versa in uno stato totale di abbandono ambientale e naturale, a danno sia della biodiversità del territorio che della fruizione turistica – sottolinea Marzorati – Per noi la sfida è proprio quella di veder nascere la grande area protetta fluviale del Po, a cui deve essere restituita la piena dignità di un paesaggio fluviale, oggi sminuito e banalizzato da troppe forme di sfruttamento e da un’agricoltura intensiva, oltre che da attività economiche e grandi progetti che ancora puntano all’abuso delle risorse naturali del fiume”.

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