Passeggiando tra le ville di delizia di Corbetta
e il borgo di Albairate: itinerario 3
per scoprire le bellezze del Parco Sud

14 aprile 2019. Ecco un invitante gito per il nostro Parco: da Albairate a Corbetta, attraverso le storiche ville e cascine, antiche chiese con tele preziose (anche del Luini), corsi d’acqua, fontanili e passeggiate nel verde.
Albairate. Nell’XI secolo Albairate risulta essere costituito da tre comunità che vivevano in questi territori: Brisconno tra la cascina Rosio e la cascina Marcatutto, Verdesiaco tra la cascina Scamozza e la cascina Faustina, Albairate costituito da un villaggio murato e cinque porte, dalla chiesa di S. Giorgio di origine longobarda e dal convento dei Benedettini Olivetani di S. Vittore al Corpo. Verdesiaco e Brisconno scompaiono dopo le devastazioni del Barbarossa, mentre l’escavazione del Naviglio Grande (1179 – 1189), oltre a collegare meglio il paese con Milano, permette il sorgere di nuove località tra cui Castelletto.

È del 1570 il primo censimento del territorio di Albairate voluto da San Carlo Borromeo: la popolazione risultava allora composta da 1.117 abitanti con 180 nuclei familiari, a quasi totale occupazione agricola. 
La relativa vicinanza di Milano ha fatto in modo che Albairate vivesse di riflesso le tante vicissitudini storiche della grande città, intramezzate da qualche momento di serenità, soprattutto di tipo religioso: sono documentate le visite pastorali dell’arcivescovo Gabriele Sforza, di San Carlo Borromeo, del cardinal Federigo Borromeo e del cardinal Pozzobonelli. 
Si hanno notizie documentate dell’invasione di Federico Barbarossa, della dominazione spagnola, della peste del ‘600, delle rappresaglie francesi, fino al governo austriaco nel XIX secolo.
Si deve ricordare la ricostruzione dell’attuale chiesa di San Giorgio iniziata nel 1938 e il radicale cambio di struttura del paese con decentramento delle stalle e con lo sviluppo dell’edilizia urbana prevalentemente unifamiliare degli anni ’60.

Il Museo agricolo Angelo Masperi in corte Salcano e annessa ghiacciaia. 
È stata la proficua collaborazione tra una locale associazione di collezionisti e amatori della civiltà contadina, unitamente all’amministrazione comunale che ha consentito, nel 1983, di aprire il museo all’interno dell’antica corte della Cascina Salcano, in un’ala originariamente utilizzata come caseificio.
Dal 2003 il museo è stato ulteriormente valorizzato a opera del Comune, che lo ha dedicato ad Angelo Masperi, ex sindaco albairatese, scomparso nell’agosto di quello stesso anno.
Attualmente, il museo si presenta con un aspetto prevalentemente didattico: le sue sale intendono guidare il visitatore attraverso la presa visione diretta di quelli che erano gli usi e i costumi della civiltà contadina dell’area del magentino, attraverso una copiosissima raccolta di materiale originale. 
La ghiacciaia Elemento caratterizzante della struttura è un’antica ghiacciaia che si trova all’esterno del museo, nel cortile della cascina. Costruita nel ‘700, era utilizzata dai contadini per la conservazione degli alimenti durante il periodo estivo, attraverso l’utilizzo di lastroni di ghiaccio formatisi nei vicini fontanili o stagni.
La struttura della costruzione ha ancora oggi la tipica forma di un cono, con alcuni gradini che consentivano di raggiungere la parte superiore e permetteva così di inserire il ghiaccio. Vi è inoltre una scalinata interna che dava accesso alla cantina attigua nella quale si conservavano i prodotti deperibili.
Si tratta di una delle rare ghiacciaie di quell’epoca mantenutasi praticamente intatta sino ai nostri giorni: rappresenta quindi una vivida testimonianza della civiltà contadina dei secoli passati. Per info: 02.94981329, albamuseo@tiscali.it

Chiesa di Santa Teresa d’Avila in località Riazzolo La piccola chiesa è stata edificata nel corso del Settecento, come anche tutto l’antico complesso rurale e residenziale dell’area. Si tratta di un tempio di modeste dimensioni, con la facciata decorata con tinte bianche e gialle e mossa da lesene e decorazioni a stucco, con un timpano a termine della struttura. Esternamente, il resto della chiesa è invece a mattoni vivi che contraddistinguono anche l’area del presbiterio, di forma arrotondata.
L’interno, contraddistinto da un’unica navata, è in stile tardo barocco, semplice ma raffinato, con la particolarità del grande finestrone sovrastante il portale d’ingresso che dà luce all’interno della struttura; dispone inoltre di due finestrelle nell’area dell’altare. La chiesa è composta anche di un piccolo campanile al concerto di due campane. Di fronte alla chiesa, vi è un piccolo piazzale a ghiaietto con un viale di piccoli cipressi e una colonna marmorea con un’aquila di bronzo, sotto la quale è posta una targa a ricordo dei caduti della prima guerra mondiale nella frazione.
La chiesa dipende dalla parrocchia di Albairate, ma rimane un patronato della famiglia corbettese dei Pisani-Dossi (oggi passata ai Macchi di Cellere), che l’acquistò e la ristrutturò per interessamento di Carlo Alberto Pisani-Dossi. Oggi la chiesa è utilizzata solo occasionalmente, soprattutto per matrimoni che abbinino a ristorante un vicino agriturismo, sulla piazzetta della chiesa (da Wikipedia).

Oratorio di San Bernardo L’oratorio di San Bernardo, non lontano dal cimitero del paese, risale al 1641 ed è attribuito al grande architetto Francesco Maria Richini: si presenta preceduta da un piccolo protiro con quattro colonne in granito che sorreggono delle arcate che sovrastano l’ingresso. La facciata è scandita da riquadrature regolari che richiamano lo stile cinquecentesco, mentre le restanti decorazioni e l’impostazione stessa della chiesa a pianta ottagonale richiamano chiaramente gli stilemi barocchi. All’interno, spicca l’altare riccamente decorato in marmo con dettagli a stucco, sopra il quale si trova l’immagine della Vergine circondata da due colonne con putti e decorazioni in stucco.

Il Bosco di Riazzolo e i fontanili Le aree boschive caratterizzano il paesaggio più tipico della frazione di Riazzolo, una superficie di natura che si estende su un totale di 65 ettari, compresi nei comuni di Albairate, Cisliano e Corbetta. La struttura del parco, per nulla artefatta, rappresenta un’ultima sezione di quello che anticamente doveva essere la tipica boscaglia ravvisabile nelle aree lombarde sino a prima della rivoluzione industriale e come tale esso è oggi dichiarato area protetta.
Il bosco è costituito da moltissime essenze arboree ed alberi ad alto fusto quali la farnia ed il carpino bianco, oltre al melo, al ciliegio, all’acero, e all’ontano, ai quali si alternano biancospini, noccioli, cornioli, viburni e salici. Altre piante che oggi si possono riscontrare, ma che risalgono al Settecento ed all’Ottocento come introduzione, sono la robinia e l’ailanto.
Si può dire che la storia del bosco di cui ci sia giunta traccia certa (dal XVI secolo) ha mantenuto pressoché invariata la propria struttura, contrariamente a quanto accadde a gran parte del territorio lombardo ove prevalse l’espansione dell’agricoltura e scomparve lentamente “ogni vestigio della vegetazione primitiva” (Carlo Cattaneo). Grande impulso diede al bosco lo scrittore e diplomatico italiano Carlo Alberto Pisani Dossi (1849-1910), che divenne proprietario di questi fondi a partire dal suo matrimonio con Carlotta Borsani. 
La tradizione naturalistica asservita alla conservazione del paesaggio e all’amore per la natura venne continuata da Franco Pisani-Dossi (1894-1968), figlio di Carlo. Alla sua morte, gli eredi (attuali proprietari dell’area) hanno continuato a salvaguardare il bosco con opere di nuova piantumazione al fine di conservare l’antico splendore di questa area, perennemente a rischio per il suo delicato ecosistema: interventi sono stati portati avanti già (tra il 1998 e il 2003) su una superficie di 16 ettari che ha portato al potenziamento della presenza sul territorio delle specie autoctone, a cui hanno collaborato i comuni compresi nel Bosco ed l’Ente Parco Agricolo Sud. È in occasione di questi eventi, inoltre che è stato reintrodotto il Pelobates fuscus insubricus (Cornalia, 1873), una specie di rana un tempo comunissima e oggi quasi estinta nella Pianura Padana (da Wikipedia).


I fontanili Rilevante, entro i terreni del Bosco, è anche la presenza di acque e fontanili, un tempo utilizzati per l’irrigazione e oggi costituiscono una delle principali attrattive naturalistiche: sono il Fontanile Risotto (legato strettamente alla coltura del riso assai diffusa nelle vicine frazioni di Rosio (Albairate) e Fagnano (Gaggiano), il Fontanile Porcile (che è riconducibile all’antico allevamento di maiali presso le popolazioni celtiche che abitavano questi luoghi), il Fontanile Uccella (che rimanda all’impiego faunistico dei boschi, già care ai Visconti e agli Sforza). Alcuni campi sono poi irrigati dalla Roggia Soncina, fatta realizzare da Francesco I Sforza nel 1450 per far giungere l’acqua del Naviglio Grande sino al Castello di Cusago, di sua proprietà.

CORBETTA. Le origini del paese risalgono al periodo celtico (VIII secolo a.C.) durante il quale Corbetta è uno dei “pagi”, tipica istituzione economico-politica, della popolazione gallica. Il villaggio passa poi sotto la dominazione romana, assume il nome di “Curia Picta” e si trasforma grazie alla politica di espansione commerciale che poco a poco logora la struttura tribale esistente.
La diffusione del cristianesimo nell’agro milanese si attua nel V secolo d.C. ed investe anche il paese, come testimoniano i resti della basilica paleocristiana ritrovati durante gli scavi del 1971 nella Collegiata. I secoli successivi vedono alternarsi sul nostro territorio prima i Goti (VI secolo) poi i Longobardi (VII e VIII secolo). Ai Longobardi successero i Franchi, scesi in Italia per aiutare il Papa contro il Re longobardo Desiderio.
”Curia Picta” secondo la denominazione longobarda, che da questo momento diviene possesso dell’arcivescovo di Milano Ariberto d’Intimiano sotto il nome di “castrum Sancti Ambrosii”. Nel secolo XII Corbetta divenne il capoluogo della Burgaria, uno dei quattro contadi in cui era diviso il territorio di Milano, formato in gran parte da comuni. Il progressivo svincolarsi dei comuni dall’impero costringeva Federico Barbarossa a intervenire nell’anno 1154 ponendo d’assedio Corbetta e gli altri comuni della campagna milanese (Rosate, Magenta, Abbiategrasso) ed infine, distruggendo proprio il castello di Corbetta. A vero arbitro della situazione a Milano, con il passar del tempo, assurge il vescovo, Ottone Visconti, eletto vescovo di Milano nell’anno 1262. Corbetta diviene da allora possedimento visconteo.
L’importanza strategica del borgo è testimoniata dal fatto che il castello è più volte luogo di riunioni e di insediamento di truppe. Per impedire l’avvento dei francesi Ludovico il Moro, zio e tutore di Gian Galeazzo, assolda delle truppe mercenarie svizzere insediandole nel castello di Corbetta. Questi anni vedono, dopo la vittoria francese, l’alternarsi al potere della Francia e degli Sforza fino a che nel 1529 Milano passa nelle mani degli spagnoli con Carlo V. Da rilevare la grande importanza della pieve corbettese, tanto che Magenta stessa dipendeva da essa e solo nel 1743 quest’ultima diventerà autonoma. Il dominio spagnolo, segnato da una politica di spoliazione tesa a favorire la madre patria, durò fino al 1706. Il paese passa sotto il dominio austriaco con il trattato di Utrecht e Rastadt (1714). Questo periodo segna la rinascita economica dei paese dovuta all’oculata politica amministrativa attuata dapprima da Carlo VI e successivamente da Maria Teresa. Durante la seconda guerra di indipendenza una delle battaglie decisive avviene proprio a Magenta il 4 giugno 1859, tra piemontesi e francesi da una parte e austriaci dall’altra. In quell’occasione Corbetta è l’ultimo avamposto del comando austriaco agli ordini del generale Giulay. Le conseguenze delle lotte di questi anni sono l’ingresso di Milano nel regno d’Italia (1859) e il formarsi dell’unità nazionale.

Castelletto Noto anche come Castello di Sant’Ambrogio o Castello Crociato, rappresenta l’ultimo frammento murario di una costruzione risalente al IX secolo. Probabilmente la struttura divenne proprietà degli arcivescovi di Milano a partire dall’XI secolo. Il 29 maggio 1037, nell’ambito della guerra tra papato e impero, fu oggetto di un tentativo d’assedio da parte dell’imperatore Corrado il Salico, il quale si appressò al castello con le proprie truppe per combattere i difensori inviati dall’arcivescovo milanese Ariberto da Intimiano. Sin dai primi colpi dell’assedio si scatenò un violento temporale e apparve in cielo, secondo il racconto redatto dallo storico tedesco Wippone, la figura di Sant’Ambrogio, che intimò al sovrano di abbandonare il luogo per non incorrere in amare sconfitte. Dopo questi presagi, l’imperatore tolse l’assedio al castello e si concentrò altrove, ma il luogo fu nuovamente oggetto di devastazioni a opera di Federico Barbarossa (nel 1154) e di Federico II (nel 1239).
 Si perdono poi le tracce del fortilizio sino al 1270, quando Napo Torriani ordinò alcune opere di ampliamento, proseguite poi sotto la guida di Matteo Galeazzo, Gian Galeazzo e Filippo Maria durante le guerre del Monferrato.
Il ruolo difensivo del castello venne mantenuto con ogni probabilità sino al XVII secolo, quando, ormai obsoleto per le nuove tecniche di guerra e per la nuova situazione politica creatasi col dominio spagnolo, venne quasi completamente smantellato. Il materiale che lo costituiva venne poi reimpiegato per la costruzione delle vicine Villa Frisiani Mereghetti e Villa Borri Manzoli.
Il complesso odierno, situato in piazza Corbas, presenta solo alcune parti originarie ed è il frutto di un’opera di restauro, compiuta tra il 1941 e il 1942 a cura dell’architetto Piero Portaluppi, cui seguirono una serie di ampliamenti, realizzati tra gli anni 1959 e 1963.

Villa Frisiani Mereghetti Situata in piazza del Popolo, la villa venne costruita nel 1653 per volontà di Gottardo Frisiani. Il progetto fu curato dall’architetto Francesco Maria Richini. I tre archi della facciata sono retti da doppie colonne in granito di Baveno. Il piano superiore è caratterizzato da cinque aperture poste simmetricamente. La parte posteriore, che si affaccia su quello che era uno dei più grandi giardini di Corbetta, attraversato dal fontanile Madonna, è in mattoni a vista e presenta due corpi laterali aggettanti, che chiudono la composizione. Il prestigio di questa villa ha fatto da costante richiamo per artisti e decoratori, contribuendo a renderlo, in pratica, un museo. Al suo interno si possono ammirare, infatti, soffitti a cassettoni, pavimenti lignei, pitture allegoriche, mitologie, cornici, lunette, volte, scenografie, fasce, medaglioni e gli affreschi dei fratelli Giovanni Stefano e Giuseppe Montalto e del Luini.

Villa Pisani Dossi Situata in via Mussi (un tempo Contrada del Luogo Pio), fu costruita verso la metà del Quattrocento per volontà del conte Ambrogio Varese da Rosate. La dimora venne alienata dai suoi discendenti nel 1811 e passò alle famiglie Mussi e Borsani, prima di diventare, nel 1892, proprietà di Carlo Alberto Pisani Dossi, che affiancò all’attività di diplomatico l’adesione al movimento culturale milanese della scapigliatura. Nel 1898, con la scoperta dei resti della dimora quattrocentesca, Carlo Dossi provvide a sue spese al restauro dell’edificio: riaprì le finestre originarie, ricostruì il portone borchiato e il camino, con la canna fumaria sporgente dal fronte. Provvide anche a fare affrescare la facciata, rimanendo fedele, per quanto possibile, ai motivi ornamentali originali rinvenuti sotto gli intonaci.
Gli interni ospitano oggi un museo privato. Qui sono conservati reperti archeologici di notevole valore (alcuni rinvenuti dallo stesso conte durante attività di scavo condotte a Corbetta e nei territori circostanti) e la biblioteca, costituita da volumi e da documenti di varie epoche.

Chiesa di San Vittore Martire Antica chiesa, le cui origini risalgono al III secolo, venne ricostruita in stile romanico nel 1037. Successivamente fu interessata da vari interventi di rifacimento, che la portarono (nel 1792) alla configurazione attuale. È quindi di stile neoclassico, su progetto dell’architetto Taglioretti. Tra il 1845 e il 1848 venne ridisegnata la facciata, a opera di Luigi Cerasoli, mentre altri interventi di una certa rilevanza riguardarono il campanile, ricostruito nel 1908, a seguito del crollo del 1902.
Grazie alla particolare posizione della città e al suo essere stata pieve di riferimento per buona parte delle parrocchie dell’ovest milanese, la chiesa ha conosciuto, nel corso della sua storia millenaria, il passaggio di molti personaggi di rilievo. Ancora oggi San Vittore Martire continua a essere la chiesa parrocchiale di Corbetta.

Santuario della Beata Vergine dei Miracoli L’edificio sacro più notevole dell’arte rinascimentale e barocca corbettese è senza dubbio questo Santuario. Costruito su un’area all’epoca periferica della città, dove sorgeva una chiesa dedicata a San Nicola, si trova oggi in pieno centro storico. Grazie ad un presunto evento miracoloso avvenuto nel 1555, la chiesa divenne il più grandioso altare mariano della città, cambiando la propria architettura in un santuario suddiviso su due livelli: quello inferiore, tuttora dedicato a San Nicola, e quello superiore (con l’immagine ad affresco) consacrato alla Madonna.
Nel corso dei secoli, artisti del calibro di Francesco Croce, Fabio Mangone, Vincenzo Seregni, Francesco Pessina, Carlo Francesco Nuvolone, Giulio Cesare Procaccini, Giovan Battista Discepoli, Mosè Bianchi e Luigi Pellegrini Scaramuccia, detto il Perugino, hanno contribuito ad arricchirlo con le loro opere. 
Il Santuario è stato oggetto di visite da parte di personalità eminenti. Tra queste, San Carlo Borromeo, che durante il suo episcopato si fece promotore del culto mariano di questo santuario presso la Santa Sede, riuscendo a ottenere la concessione dell’indulgenza annua in forma giubilare, tradizione che, ancora oggi, viene ricordata attraverso una serie di celebrazioni definite Perdono di Corbetta.

Villa Frisiani Olivares Ferrario Situata in via Cattaneo e attuale sede municipale, la villa fu eretta eretta per volontà dei conti Frisiani, nel XVIII secolo. È documentata nelle mappe del Catasto Teresiano del 1721, anche se la sua struttura architettonica si distingue dalle dimore gentilizie tipiche di quel periodo. La tradizionale pianta a U presenta, infatti, ali laterali molto distanziate tra loro e di altezza eguale a quella del corpo centrale, mentre la facciata è ripartita su due piani, terreno e loggiato, con due ordini di porticati, ciascuno dotato di sette archi a tutto sesto, retti da colonne di granito alte e sottili. Numerosi elementi dell’edificio farebbero supporre che sia stato edificato sopra un convento degli Umiliati del Cinquecento. Attraverso il portico si accede al parco all’inglese voluto da Alessandro Olivares, la cui casata, nel corso dell’Ottocento, divenne proprietaria della villa. Intorno agli anni ’50 è passato alla famiglia Ferrario e, a partire dagli anni ‘80, il palazzo è diventato sede dell’amministrazione comunale, col parco adibito a spazio pubblico. Il parco della villa ospita numerose varietà di essenze arboree ed è impreziosito da un laghetto, realizzato negli anni venti del Novecento e alimentato dal Fontanile Madonna, che scorre parallelamente al laghetto e vi si innesta attraverso delle chiuse. Qui si trova una finta grotta retta da colonne per il ricovero delle barche. Al centro del bacino è situata una splendida statua in pietra di Nettuno (di probabile origine settecentesca) con tridente in ferro, poggiante su un basamento barocco. Gran parte delle statue che adornavano il complesso naturale del parco sono andate completamente distrutte o versano in stato di degrado. Pregevole è anche il piccolo ponticello in mattoni, che conduce all’isola costeggiando una delle due grandi colline in terriccio realizzate durante lo scavo del laghetto. Presso la villa, nella scala che conduce al lavatoio del fontanile, si trova una statua di Atlante che sorregge la scalinata.

Palazzo Brentano Fu edificato tra il 1732 e il 1737 per volontà di Carlo Giuseppe Brentano, tesoriere generale del Ducato di Milano, con l’intento di farne la propria residenza di campagna.
Progettato dall’architetto Francesco Croce (membro della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano), presenta interni impreziositi da stucchi e affreschi della metà del Settecento, opera di Giovanni Angelo Borroni, Mattia Bortoloni, Giuseppe Pellegrini, Ferdinando Porta e Giovanni Battista Sassi. All’esterno sorge, invece, il giardino con un boschetto all’inglese, dove dimorano specie rare ed esotiche.
Dopo vari passaggi di proprietà, il palazzo fu dapprima seminario dei Padri Somaschi (1937), per poi divenire, dal 1972, sede di una scuola media parificata, dedicata a San Girolamo Emiliani, fondatore dell’ordine.

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Itinerario 3: Albairate Corbetta

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