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di agricoltura, natura e verde per la fruizione
Ecco il perché di un Parco Metropolitano

1 gennaio 2021. In questo periodo travagliato per il Parco Agricolo Sud Milano, ecco un articolo senz’altro utile da leggere. Ricco di dati e di concetti chari, con la sua fluidità sopperisce alla lunghezza sostanziosa. Lo ha scritto Paolo Lozza, conoscitore del territorio come pochi: presente nell’Associazione per il Parco Sud Milano dalla sua fondazione e in tutte le sue battaglie, è stato nel Consiglio Direttivo dell’Ente Parco negli ultimi sei anni (sostituito il mese scorso dal nostro vicepresidente Renato Aquilani). L’articolo è apparso sull’interessante neo magazine online 20zero77.it, a cui auguriamo un buon lavoro.

 

Parco Metropolitano. Un parco contro natura? Tutt’altro

di Paolo Lozza

È dal dicembre del 2014 che nel suo Statuto c’è scritto che “la Città Metropolitana di Milano opera per una gestione unica dei parchi di scala metropolitana interamente compresi nel perimetro, al fine di favorirne una gestione coordinata e di promuoverne le singole identità, l’ampliamento e il collegamento tra gli stessi, per creare un unico parco metropolitano”.
Ma solo da qualche tempo se ne sente parlare un poco di questa ipotesi.
Purtroppo la maggior parete dei soggetti ne parla in forma molto riduttiva, ovvero nell’accezione che riduce il “Parco Metropolitano” alla semplice unificazione di Parco Sud e Parco Nord, e spesso, nel trattare l’argomento, gli autori mettono sul piatto analisi comparative, a volte molto precise e dettagliate, tra Parco Sud e Parco Nord.
Così abbiamo visto tabelle con voci dedicate all’ammontare delle spese correnti piuttosto che agli investimenti, alla quantità di personale amministrativo piuttosto che tecnico, al numero di Comuni coinvolti e al loro contributo economico eccetera.
A mio avviso queste analisi comparative tra i due parchi sono tutte tremendamente fuorvianti.
L’occasione e la giustificazione per fare paragoni e confronti tra le due aree protette milanesi sono ovviamente fornite dal fatto che entrambi sono “parco regionale” ai sensi della legge regionale 86 del 1983.
Giova però ricordare alcuni dati.
Tra i 23 parchi regionali lombardi solo il Monte Barro (661 ettari) è più piccolo del Parco Nord (790 ettari); la superficie degli altri va da un minimo di 1.179 ettari a un massimo di 91.800 e in media supera i 20mila.
Per contro, la dimensione del Parco Nord corrisponde grosso modo alla media della dimensione degli 84 parchi locali di interesse sovracomunale lombardi (i Plis) che è di 831 ettari.
Chi conosce la storia e le caratteristiche del Parco Nord sa bene che – dopo la sua istituzione come “parco di interesse regionale” in base alla legger regionale 78 del 1975) – nel 1983, con l’approvazione della Legge quadro regionale sulle aree protette, fu comprensibilmente classificato come Plis: ne aveva e ne ha tutte le caratteristiche.
Solo nel 1985 venne riconosciuto come “Parco regionale di cintura metropolitana” (con il Parco Sud e la Spina Verde di Como); possiamo dire che la sua elevazione al rango di parco regionale fu una sorta di condivisibile e felicissimo escamotage che permise di destinarvi ingenti finanziamenti regionali, altrimenti non facilmente reperibili; finanziamenti che consentirono di acquisire le aree e di coprire gli alti costi di bonifica e riqualificazione.
Quindi il Parco Nord è classificato quale “parco regionale” per cause storiche puramente strumentali.
Accantonato così l’unico punto di analogia, risulta evidente che paragonare un parco urbano di 790 ettari con un parco territoriale di 47.000, appare quanto meno curioso.
Che senso può avere confrontare due aree protette di cui una rappresenta l’1,7% dell’altra e l’altra è 60 volte più grande dell’una? Una di proprietà pubblica al 100% e l’altra al 2%?
A chi verrebbe in mente di stilare tabelle comparative tra la Spagna e Cipro. Eppure entrambi sono “stati” dell’Unione europea a tutti gli effetti.
Mi pare che il Parco Nord potrebbe essere più ragionevolmente comparato, sia per dimensione che per funzione, con i grandi parchi urbani delle metropoli mondiali: Central Park a New York (340 ettari), Hyde Park a Londra (253) o sempre a Londra il Richmond Park (955), il Bois de Boulogne a Parigi (846), Casa de campo a Madrid (1.723), l’Amsterdamse Bos ad Amsterdam (895).
Trovare aree protette paragonabili al Parco Sud è invece molto più difficile e ciò a causa della sua dimensione, della sua collocazione e soprattutto delle sue molteplici caratteristiche (ambientali, territoriali, economiche, paesaggistiche, culturali, storiche, artistiche).
E allora, se si vuole promuovere la realizzazione di quella grande idea che è il Parco Metropolitano, è forse meglio accantonare il concetto di unificazione tra i due parchi regionali e invece concentrarsi su come integrare nel perimetro di una sola area protetta regionale tutto il territorio non edificato della Città metropolitana (con l’esclusione dei parchi regionali interprovinciali: Ticino, Groane, Adda Sud), e soprattutto quella parte di territorio ancora libero, ma non protetto, o protetto in modo troppo debole.
In questo ragionamento è però doveroso segnalare che da diverse parti, a volte anche avverse tra loro, si sostiene che l’accorpamento di Parco Sud e Parco Nord nell’ipotetico Parco Metropolitano non s’ha da fare perché sarebbe una sorta di unione “contro natura”.

La distanza fisica

Si sostiene, per esempio, che non è bene unire i due parchi perché sono fisicamente distanti. Come si suol dire: “tutto è relativo”, tanto più le distanze.
Quindi, relativizzando la valutazione sulle distanze, possiamo rilevare che la propaggine sud del Parco Nord e, per esempio, l’ippodromo di San Siro (che è Parco Sud) distano in linea d’aria circa 4,4 chilometri mentre, all’interno del Parco Sud, tra Vanzago e Cerro al Lambro ci sono 35 chilometri, tra Gorgonzola e Vernate ce ne sono 40, tra Corbetta e Liscate 42.Forse però chi usa l’argomento della distanza fisica per dimostrare l’inopportunità dell’accorpamento dei due parchi, vuole sottolineare la non continuità di territorio, la separazione territoriale.
Giusto: tale inconveniente è ben più importante della pura distanza.
Ma è un inconveniente che credo non si possa considerare ostativo di un’eventuale accorpamento.
Ricordiamoci, per esempio, che recentemente il consiglio direttivo del Parco Sud ha (finalmente) approvato la proposta di perimetrazione di quello che, se dio vuole, diventerà un giorno il “Parco Naturale Sud Milano”, ovvero la porzione di Parco Sud protetta anche ai sensi della legge quadro nazionale sulle aree protette, che quindi diventerà un parco riconosciuto anche dallo Stato.
Ebbene, tale perimetro è costituito da otto “isole” non comunicanti tra loro (per un totale di 8.326 ettari): Fontanile Nuovo di Bareggio-Bosco di Cusago; Campagna di Buccinasco-Noviglio-Zibido, Zona Umida di Pasturago e corso del Ticinello; Oasi di Lacchiarella, Lambro e Addetta, Carengione e Muzzetta; Parco dei Fontanili di Rho e Bosco in Città; Lambro Meridionale.
Certo, se fossero tutte intercomunicanti il valore ecologico di tali aree sarebbe ben superiore a quello di otto zone isolate; ma è forse questa una ragione per non istituire il Parco Naturale Sud Milano? È forse questa una ragione, per esempio, per rinunciare a bandire la caccia in tali territori? (nei parchi naturali la caccia è vietata per legge nazionale).
In altre parole: la discontinuità territoriale tra Parco Sud e Parco Nord non è certamente un argomento utile a promuoverne l’accorpamento, ma non è neppure un argomento valido per sconsigliarlo.

La distanza funzionale

Sempre tra coloro che avversano l’accorpamento di Parco Sud e Parco Nord si sostiene spesso che i due parchi sono distanti funzionalmente, nel senso che rispondono in maniera differente a esigenze diverse di due territori diversi.
Prima di tutto, a mio avviso, tale affermazione ricade nel confronto totalmente equivocante di cui trattavo nella prima parte: come si possono paragonare le esigenze di aree di dimensione tanto diversa? Come possono non essere tra di loro diversi un territorio di 47.000 ettari e uno di 790?
Allora è forse più utile valutare se le funzioni territoriali del Parco Nord – la cui superficie è meno del 2% di quella del Parco Sud – si possono ritrovare in parte anche nel Parco Sud.
Sarebbe troppo facile, ma altrettanto fuorviante, citare i 146 ettari agricoli dell’ex parco della Balossa per dire che anche il Parco Nord ha una funzione di salvaguardia dell’agricoltura, e quindi non userò questo argomento.
Così come non userò l’argomento degli 81 ettari del Parco Naturale Nord Milano, per dire che tale funzione è perfettamente identica a quella delle aree naturali del Parco Sud.
Però, a questo punto, tolte le aree agricole di recentissima introduzione, tolte le aree naturali, tolti gli 82 ettari dell’aeroporto di Bresso e tolti i 21 ettari del cimitero di Bruzzano, resta il “cuore” del Parco Nord, ovvero il grande parco urbano la cui funzione è interamente legata alla fruizione, e la cui superficie destinata a tale funzione ammonta quindi a circa 460 ettari.
Ora la domanda è: perché un parco urbano di 460 ettari non può aggregarsi ad un parco territoriale di 47mila?
Forse perché, a differenza del Parco Sud, il Parco Nord è al 100% di proprietà pubblica?
Ebbene, forse non tutti sanno che le aree di proprietà dell’ente Parco Sud superano i mille ettari. Se poi volessimo sommarvi le aree di proprietà dei singoli Comuni all’interno parco, la cifra andrebbe molto oltre.
Dunque, se dal punto di vista della quantità di aree di proprietà pubblica il paragone percentuale è ovviamente inappropriato, il confronto in valore assoluto dimostra che il Parco Sud gestisce (bene o male) aree di sua proprietà di dimensione complessiva superiore alla superficie dell’intero Parco Nord.
Quindi resta ancora senza risposta la domanda di cui sopra: perché un parco urbano di 460 ettari non può aggregarsi ad un parco territoriale di 47mila ettari?
Forse perché il Parco Sud è un parco agricolo?
Se questa è l’argomentazione è allora il caso di ricordare alcune presenze all’interno del Parco Sud che non hanno nulla o quasi nulla di agricolo, ma hanno invece una pura funzione fruitiva: Parco di Trenno (59 ettari), Bosco in Città (110), Parco Forlanini (120), Parco delle Cave (140), Idroscalo (168), solo per ricordare i più grandi che, assieme, fanno quasi 600 ettari.
Oppure vogliamo parlare dell’ippodromo di San Siro e delle sue piste di allenamento (più di 100 ettari) che con l’agricoltura hanno ben poco a che fare?
Ma l’esempio forse più interessante è quello di Porto di Mare (65 ettari): una ex discarica, di proprietà pubblica, sulla quale il comune di Milano, con il recente affidamento a Italia Nostra, ha voluto scommettere per un percorso assolutamente analogo alla storica esperienza del Parco Nord, ovvero realizzare un gioiello di verde a partire da un’area super degradata.
Chi ha vissuto la storia del Parco Sud sa che la decisione di inserire nel suo perimetro tutti questi parchi urbani, anche molto diversi tra di loro, non fu una scelta bizzarra del legislatore regionale, bensì l’esito di battaglie ambientaliste che volevano che il Parco Sud non fosse relegato solo in “campagna”, ma volevano invece “far penetrare” il parco all’interno della metropoli per “contaminarla”.
E tutti questi parchi urbani hanno una funzione territoriale diversa da quella del Parco Nord? Io non credo.
Considerazioni analoghe possono essere fatte analizzando la zonizzazione del Piano Territoriale di Coordinamento (Ptc) del Parco Sud.
Ci si ricorderebbe allora che 594 ettari sono classificati con l’articolo 36: Sub-zone parchi urbani e impianti sportivi esistenti. E che dire dei 205 ettari dell’articolo 37: Cave cessate che, quando definitivamente recuperate, diventano pesche sportive, laghetti con ristorante annesso, luoghi di sport acquatici, aree cani con piscina, eccetera.
E per finire: il Ptc ha previsto all’interno del parco 13 comparti di fruizione (articolo 25), di superficie variabile da un minimo di 25 ettari a un massimo di 254 per un totale di 1.178 dei quali, secondo le norme del parco, 645 potrebbero vedere l’agricoltura sostituita da panchine e giochi per bimbi, piuttosto che da piste di atletica e da piscine o, teoricamente, anche da campi da golf (in quanto impianti sportivi).
Credo che un Parco Metropolitano debba comprendere anche l’integrazione del Parco Nord al suo interno, anche se non sono certo che ciò sia indispensabile.
Però sono piuttosto sicuro che tale eventualità non scalfirebbe minimamente l’identità dell’attuale Parco Sud, e quindi non sarebbe un’unione “contro natura”. Tutt’altro.

In apertura, la campagna di Carpiano comune del Parco Sud (fotografia di © Adriano Carafòli)

Parco Metropolitano Milanese: un approfondimento

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