Il cambiamento climatico?
Non solo esiste
ma ci costa pure caro
20 luglio 2023. Nell’ultimo decennio, i danni dovuti al cambiamento climatico sono costati 145 miliardi di euro ai Paesi dell’Unione europea. E gli italiani sono tra i cittadini che hanno pagato il costo più alto di tutti.
Lo dice uno studio dell’Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, che ha preso in esame le conseguenze economiche tra inondazioni, incendi e altri eventi collegati a condizioni meteo estreme. Il conto più alto in Grecia, Francia e Finlandia dove i costi annuali per abitante connessi alle catastrofi naturali sono stati superiori rispettivamente ai 90, 60 e 40 euro.
Subito dopo arriva l’Italia, dove le conseguenze negative sono costate tra il 2010 e il 2020 36,5 miliardi, con una spesa di 41,45 euro per ogni cittadino. Ma quello che è peggio, è la «chiara tendenza», come riconosce l’Eurostat, che questi costi «stanno aumentando del 2% all’anno nell’ultimo decennio». Giusto per smentire i negazionisti che sostengoo che gli eventi naturali ci sono sempre stati: non così continui.
Domanda in crescita frutta a prezzi record
Il caldo fa lievitare le bollette per via dei condizionatori sempre accesi, e fa venir voglia di mangiare più frutta: Coldiretti stima un balzo del 20% delle vendite in questi giorni. Un aumento della domanda che, insieme ai danni provocati dalle altissime temperature, potrebbe far arrivare alle stelle i prezzi di frutta e verdura, che arrivano in quantità ridotta sui banchi. La quantità di ciliegie è già calata del 60% rispetto allo scorso anno per via dell’alluvione. Adesso i colpi di calore e lo stress idrico ridurranno ulteriormente la produzione di frutta e verdura. E già a giugno, un mese non particolarmente caldo, mentre l’inflazione rimaneva ferma nel confronto mensile e su base annua registrava un aumento più contenuto rispetto agli ultimi mesi, i prezzi di albicocche, ciliegie e susine sono balzati del 14,6% rispetto a maggio, calcola l’Unione Consumatori, sulla base del database Istat. Aumenti consistenti anche su base annua: gelati più 18,9%, bevande gassate più 19,5%, succhi di frutta più 15,8%. Tutti prodotti che, tra maggiore domanda e maggiori costi, a luglio diventeranno ancora più cari.
Sale la spesa medica: 4 milioni al giorno
Un giorno di caldo pesante, costa solo nei pronto soccorso e nei reparti almeno 4 milioni di euro. Il dato merita alcune osservazioni. Intanto l’accesso all’emergenza, quando si tratta di afa, cresce con l’aumento dei giorni consecutivi ad alte temperature. La spesa è destinata a salire finché dura l’ondata di caldo. Inoltre il calcolo tiene conto solo delle prestazioni sanitarie, non dei costi del lavoro o di quelli legati alle strutture (acquisto dispostivi, apparecchi, farmaci). Infine, di caldo si occupa anche la sanità territoriale, le cui spese però sono difficili da calcolare.
Ogni anno in 20 milioni entrano nei pronto soccorso. La media è di circa 55 mila pazienti al giorno. In questo periodo, dicono dalla società dell’emergenza Simeu, un caso su quattro (cioè 13.750) è legato al caldo. Visto che secondo le stime un accesso al pronto soccorso costa circa 250 euro, si arriva a quasi 3 milioni e 440 mila euro di spesa. A questa va aggiunta quella per il circa 10% dei pazienti che vengono ricoverati. Ogni giorno costano più o meno 400 euro, quindi circa mezzo milione di euro. Il totale è 4 milioni.
Per le imprese calo del fatturato al 10%
«Per attenuare l’impatto del caldo abbiamo deciso che gli operai si fermino ogni 40 minuti. E abbiamo comprato 25 mila bustine di sali minerali». Una spesa di 10 mila euro, spiega Francesco Turcato, che amministra alcune aziende del settore siderurgico tra cui Asg. Gli imprenditori stanno adottando misure di protezione per contenere gli effetti del caldo, spendendo di più per la refrigerazione e rimodulando i turni in orari meno caldi. Secondo un’indagine commissionata da Ener2Crowd all’Icsr le imprese spenderanno fino a 3,24 miliardi l’anno per gli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici (ondate di calore, ma anche piogge torrenziali, inondazioni e frane). Il calcolo riguarda l’8% delle imprese maggiormente a rischio, che perderanno l’1,5% del fatturato, fino ad arrivare al 10% entro il 2050 in assenza di interventi di prevenzione. «Le maggiori spese sono dovute in parte all’aumento dei costi, – spiega Giorgio Mottironi, Cso di Ener2Crowd – per esempio in questi giorni i maggiori costi per l’aria condizionata, e in parte per far fronte ai danni causati dal caldo, o dalle alluvioni».
(Tratto da Repubblica.it)