Biogas, il business
che “si mangia”
la nostra agricoltura

Nel gennaio scorso, Italia Nostra Milano Sud-Est è stata l’unica a formulare e proporre osservazioni di merito rispetto alla costruzione dell’impianto a biogas di Occhiò (frazione di San Giuliano). Il problema si sta proponendo a Carpiano (frazione Francolino), dove il Comune ha fatto ricorso al Tar, e a Riozzo (Cascina Abbazia). E questo solo per citare alcuni degli impianti previsti nell’area sud del Parco Agricolo.
Ma, al di là delle specifiche osservazioni per il sito di Occhiò (per altro ora sotto sequestro, in seguito alla denuncia di Italia Nostra Sud-Est Milano, scongiurando il rischio di un raddoppio della struttura), vale la pena di sottolineare le perplessità che derivano da questi insediamenti.
Lo facciamo riportando le riflessioni di Giulio Becattini, un esperto del settore e della pianificazione territoriale.

Biogas, il business
che “si mangia”
la nostra agricoltura

Nel gennaio scorso, Italia Nostra Milano Sud-Est è stata l’unica a formulare e proporre osservazioni di merito rispetto alla costruzione dell’impianto a biogas di Occhiò (frazione di San Giuliano). Il problema si sta proponendo a Carpiano (frazione Francolino), dove il Comune ha fatto ricorso al Tar, e a Riozzo (Cascina Abbazia). E questo solo per citare alcuni degli impianti previsti nell’area sud del Parco Agricolo.
Ma, al di là delle specifiche osservazioni per il sito di Occhiò (per altro ora sotto sequestro, in seguito alla denuncia di Italia Nostra Sud-Est Milano, scongiurando il rischio di un raddoppio della struttura), vale la pena di sottolineare le perplessità che derivano da questi insediamenti.
Lo facciamo riportando le riflessioni di Giulio Becattini, un esperto del settore e della pianificazione territoriale.

1 milione di ettari di terreno per il biogas

La produzione di energia elettrica da biogas è aumentata con la pubblicazione delle Linee Guida emanate dal Governo nel settembre 2010 ed è destinata a crescere ulteriormente in conseguenza dei forti incentivi statali, i più alti tra i paesi UE.
Gli impianti di potenza uninominale di 1MW, già installati o di prossima attivazione nel territorio nazionale, si stimano essere circa 2.000; considerando che necessitano di un substrato vegetale (principalmente mais) per la cui coltivazione servono, a seconda del tipo di terreno, dai 400 ai 500 Ha/MW, si può dedurre che già ora devono ritenersi impegnati poco meno di 1 milione di ettari di terreno fertile, spesso irriguo.
Inoltre il programma di apertura di nuovi impianti prosegue ininterrottamente, anche se con gli incentivi del D.M. 11/07/2012 il limite di convenienza della potenza uninominale è stato ridotto a 600 kW.
Siamo di fronte ad un enorme impegno di suolo agricolo pregiato che viene sottratto alla produzione di alimenti per l’uomo o di mangimi per gli animali!
Pur sottacendo in questo ambito i problemi, talvolta devastanti, per l’ambiente e le economie locali di interi territori (pensiamo ad esempio al turismo, soprattutto a quello nelle aree rurali), non possiamo non denunciare che la prima conseguenza per i consumatori sarà un inevitabile e continuo aumento dei prezzi delle derrate alimentari.
Destinare una consistente porzione del territorio agricolo nazionale alla produzione di energia anziché di alimenti, oltre che costituire un indubbio problema di tipo etico, determina il ricorso a massicce importazioni di granaglie o farine dall’estero che aumenterà il rischio di immettere nel mercato nazionale prodotti di dubbia provenienza, difficili da controllare, che potrebbero avere impatti negativi sulla stessa salute dei consumatori.
Questo sconvolgimento del territorio e dell’ambiente rurale italiano così come oggi è conosciuto e apprezzato nel mondo, nonché la possibile modifica di abitudini e usi alimentari, avverrà in un contesto in cui non risultano assolutamente documentati i benefici dal punto di vista energetico: infatti le autorizzazioni uniche provinciali per aprire gli impianti vengono rilasciate in base alla attuale normativa senza la presentazione del bilancio energetico degli impianti.
In altri termini non vengono in alcun modo valutate in modo analitico ed oggettivo tutte le energie necessarie per le pratiche agricole, i trasporti, la funzionalità degli impianti, la distribuzione sui terreni dei materiali di risulta degli stessi (i cosiddetti digestati).
Gli incentivi vengono assicurati ai privati solo sulla base dell’energia elettrica prodotta, anche quando non può essere utilizzata dalle utenze e viene quindi dissipata.
In ogni caso è stato calcolato che destinando tutto il territorio agricolo nazionale alla produzione di mais ed altre colture per il funzionamento degli impianti a biogas, l’energia prodotta coprirebbe appena il 3% del fabbisogno.
Come se non bastasse i costi degli incentivi vengono poi addebitati sulle bollette dei consumatori!

Il biogas si mangia l’agricoltura

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