Che noia l’ufficio, fuggo in campagna.
Ma la politica
deve dare la terra agli agricoltori

Che noia l’informatica, la borsa, l’insegnamento! Meglio allevare capre, produrre buon vino, coltivar la manna, offrire turismo rurale. Non è solo questione di disoccupazione, ma anche di insoddisfazione. Pare infatti che, più di tre giovani su quattro sotto i 40 anni (il 77%), siano scontenti del lavoro che svolgono. E fuggono nella campagna. A sostenerlo è un’analisi di Coldiretti/Swg che specifica come il 38% dei giovani italiani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (28%) o fare l’impiegato in banca (26%). E ai numeri aggiunge storie concrete.

Che noia l’ufficio, fuggo in campagna.
Ma la politica
deve dare la terra agli agricoltori

Che noia l’informatica, la borsa, l’insegnamento! Meglio allevare capre, produrre buon vino, coltivar la manna, offrire turismo rurale. Non è solo questione di disoccupazione, ma anche di insoddisfazione. Pare infatti che, più di tre giovani su quattro sotto i 40 anni (il 77%), siano scontenti del lavoro che svolgono. E fuggono nella campagna. A sostenerlo è un’analisi di Coldiretti/Swg che specifica come il 38% dei giovani italiani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (28%) o fare l’impiegato in banca (26%). E ai numeri aggiunge storie concrete. Come quella di Paolo Guglielmi, che da broker è diventato agricoltore “sociale” avviando le prime agricolonie, veri e propri campi scuola in campagna per far trascorrere ai bambini del buon tempo e far scoprire loro i sapori del mondo contadino, seguendo il ciclo delle piante dal seme fino alla raccolta del frutto, ma anche costruendo giocattoli di campagna con legno riciclato.
Ci sono anche le esperienze dell’emiliana Silvia Bendanti, che ha rinunciato al posto da maestra per produrre vino emiliano Igt di cui disegna personalmente e con molta cura le esclusive etichette, trasformandosi così in agriartista, e poi l’idea di Chiara De Miccolis, che ha detto addio alla carriera di grafica editoriale per dedicarsi alla sua masseria dove produce olio extravergine di oliva Dop e cosmetici naturali in una gamma che va dalla crema corpo al doposole fino al sapone realizzati con olio extravergine di oliva ed olii essenziali. E, ancora il bergamasco Paolo Rotoli: da titolare di un negozio di informatica ben avviato a Clusone, ha deciso, nonostante il diploma di perito informatico, di dedicarsi alla sua grande passione: la campagna e le capre dalle quali oggi ricava formaggi che fa assaggiare a tutti gli ospiti del suo agriturismo.

Idee da sviluppare con professionalità

Inaspettatamente, ma a conferma di un profondo processo di rinnovamento che si è verificato nell’agricoltura italiana, secondo i dati di Coldiretti, quasi un’impresa agricola su tre è nata negli ultimi dieci anni (2001/2011) e il 10% dei conduttori ha meno di 40 anni, il 45,3% è diplomato e l’11,2% ha una laurea.
Ovviamente, per fuggire dall’ufficio e lavorare in campagna occorre avere un’idea d’impresa intorno alla quale sviluppare un progetto. “Avere un’idea di impresa agricola -avverte Coldiretti- significa individuare che tipo di imprenditore agricolo si vuole diventare: imprenditore agricolo più ‘tradizionale’ (produzione in un specifico comparto) o più ‘innovativo’ e ‘diversificato’ sfruttando, a 10 anni (18 maggio 2001) dalla sua introduzione, le opportunità offerte dalla legge di orientamento in agricoltura. Inoltre, avere un’idea di impresa significa valutare quali leve strategiche si intendono attivare: innovazione, vendita diretta, reti, territorio, qualità, agroenergie, agriturismo, fattoria didattica”. Vietato, quindi, essere degli sprovveduti.

La terra agli agricoltori

Un gran numero di associazioni, Onlus, collettivi, cooperative tra cui AIAB, Civiltà Contadina, Libera e Slow Food, avevano preso posizione contro la vendita dei terreni agricoli demaniali, come invece approvato nel 2012 (art.66 decreto liberalizzazioni) dal Governo Monti. In alternativa alla vendita dei terreni “agricoli o a vocazione agricola” demaniali, auspicata anche da CIA e Coldiretti, gli
oppositori proponevano la concessione in affitto a equo canone, con priorità ai giovani agricoltori per:
– contrastare ai processi di ulteriore concentrazione della terra agricola nelle mani di un sempre minore numero di aziende di grandi dimensioni (un “landgrabbing” a scala nazionale) con conseguente drastica riduzione delle piccole proprietà contadine considerate più virtuose quanto a distribuzione dei redditi e cura della terra;
– l’esclusione di occasioni e facilitazioni per il riciclaggio, nell’acquisto della terra, di risorse finanziarie originate da attività
criminali;
– l’esclusione di opportunità per speculazioni immobiliari possibili con l’ottenimento di cambi di destinazione d’uso dei terreni alienati.
Secondo l’Agenzia del Demanio, che utilizza dati del Censimento per l’Agricoltura 2010, l’estensione dei terreni agricoli
demaniali sarebbe di oltre 338.000 ettari per un valore che oscilla fra 5 e 6 miliardi.
Dove si trovano questi terreni? In quasi tutte le regioni; dal Piemonte (56.000 ha) al Lazio (41.000 ha), dalla provincia autonoma di Trento (30.000 ha) a quella di Bolzano alla Lombardia e Basilicata (oltre 20.000 ha). Oltre i 10.000 ha sono anche in: Calabria, Toscana, Campania, Veneto, Marche, Puglia, Molise e Sardegna. Una distribuzione piuttosto uniforme tra Nord, Centro e Sud del Paese tale da rendere equa, in senso geografico, anche una distribuzione dei benefici possibili con un progetto nazionale per affrontare le decisive implicazioni che la questione della terra riveste per il Paese e il suo futuro “possibile”.

Seguire l’esempio della Toscana

In Toscana, lo scorso dicembre, è stata emanata la legge n. 80 denominata Banca della terra, una ‘cassa di deposito’ che ha come obiettivo quello di contrastare l’abbandono dei terreni e delle produzioni, incrementando la produttività e favorendo il ricambio generazionale e valorizzare il patrimonio agricolo-forestale, di proprietà pubblica e privata, favorendone l’accesso all’utilizzo dei terreni soprattutto ai giovani agricoltori.
Un altro esempio di “terra ai contadini” è quello del Comune di Milano, che ha messo a disposizione le sue cascine con annessi terreni agricoli a chi, tramite un bando, proponga progetti di recupero legati all’agricoltura (con ristrutturazione della cascina a caroto del vincitore del bando). Migliaia le proposte arrivate al Comune, che ora sta vagliando i migliori.
E nella Provincia di Milano? Purtroppo niente che vada in questo senso. Anche se le proprietà di terreni alla Provincia non mancano, ma preferisce alienarle: un recente bando, composto da centinaia di appezzamenti nei comuni della provincia, ha messo in vendita 68,3 ettari di terreni. Di affittarli a giovani con idee imprenditoriali non è evidentemente passato per la mente. Eppure, la Provincia di Milano gestisce l’Agenzia per la formazione, l’orientamento e il lavoro (Afol), ente preposto alla ricerca di lavoro finito più volte nel mirino della magistratura e delle polemiche per la malagestione. Il direttore generale, Luigi Degan, recentemente è stato allontanato dal Consiglio di amministrazione. E il Collegio dei revisori dei conti in una recente relazione ha messo nero su bianco: “Afol Milano è gestita male ed è amministrata peggio”.

 

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