Cnr, i cambiamenti climatici
causano migrazioni forzate: il 90% proviene
dall’area desertificata del Sahel. Per il cibo

27 marzo 2019. L’agricoltura ci sta proprio a cuore, soprattutto per i benefici che offre al nostro territorio, pur se accompagnati, a volte, da qualche problematicità. Ma ci sono anche aspetti più ampi e globali, che tendiamo spesso a dare per scontato nonostante siano temi vitali, nel senso più letterale del termine, che riguardano anche il nostro dissennato consumo di suolo agricolo, anziché riutilizzare aree dismesse.
Una premessa doverosa, considerato l’argomento: questa volta tratteremo del perché il 90% degli immigrati che arrivano in Italia arrivano dall’area del Sahel, ovvero, la fascia di Africa tra il Sahara e l’Africa Equatoriale: è l’epicentro di problemi che nei prossimi decenni daranno vita a ingenti flussi migratori. Desertificazione, conflitti, commerci criminali, stati deboli, terrorismo, stanno destabilizzando l’intera Regione. La risposta dell’Europa e dell’occidente resta prevalentemente di tipo militare. Questo in un’area che si sta desertificando a causa dell’innalzamento delle temperature che ogni anno spazzano via tanti ettari di terra coltivabile, unica fonte di sussistenza per popolazioni dedite alla pastorizia e all’ agricoltura. Le Nazioni Unite ritengono che sfamare il Sahel stia diventando una “missione impossibile”; i dati Oxfam (confederazione internazionale di organizzazioni non profit) indicano che ogni anni muoiono circa tre milioni di bambini sotto i 5 anni di età.
Infatti, nonostante la politica di “rigetto” del ministro Salvini, ma non solo lui in Europa, nei fatti i migranti in Italia continuano ad arrivare. Considerato che è impossibile cancellare il fenomeno delle migrazioni, è forse meglio tentare di capire quali siano le ragioni che costringono queste persone a mettersi in viaggio, pur conoscendo i rischi, anche di morte, che corrono. Certo, si è portati a ritenere che guerre, carestie o anche la ricerca di migliorare la loro vita siano le principali cause. Nei fatti…

 

Cnr, i cambiamenti climatici
causano migrazioni forzate: il 90% proviene
dall’area desertificata del Sahel. Per il cibo

27 marzo 2019. L’agricoltura ci sta proprio a cuore, soprattutto per i benefici che offre al nostro territorio, pur se accompagnati, a volte, da qualche problematicità. Ma ci sono anche aspetti più ampi e globali, che tendiamo spesso a dare per scontato nonostante siano temi vitali, nel senso più letterale del termine, che riguardano anche il nostro dissennato consumo di suolo agricolo, anziché riutilizzare aree dismesse.
Una premessa doverosa, considerato l’argomento: questa volta tratteremo del perché il 90% degli immigrati che arrivano in Italia arrivano dall’area del Sahel, ovvero, la fascia di Africa tra il Sahara e l’Africa Equatoriale: è l’epicentro di problemi che nei prossimi decenni daranno vita a ingenti flussi migratori. Desertificazione, conflitti, commerci criminali, stati deboli, terrorismo, stanno destabilizzando l’intera Regione. La risposta dell’Europa e dell’occidente resta prevalentemente di tipo militare. Questo in un’area che si sta desertificando a causa dell’innalzamento delle temperature che ogni anno spazzano via tanti ettari di terra coltivabile, unica fonte di sussistenza per popolazioni dedite alla pastorizia e all’ agricoltura. Le Nazioni Unite ritengono che sfamare il Sahel stia diventando una “missione impossibile”; i dati Oxfam (confederazione internazionale di organizzazioni non profit) indicano che ogni anni muoiono circa tre milioni di bambini sotto i 5 anni di età.
Infatti, nonostante la politica di “rigetto” del ministro Salvini, ma non solo lui in Europa, nei fatti i migranti in Italia continuano ad arrivare. Considerato che è impossibile cancellare il fenomeno delle migrazioni, è forse meglio tentare di capire quali siano le ragioni che costringono queste persone a mettersi in viaggio, pur conoscendo i rischi, anche di morte, che corrono. Certo, si è portati a ritenere che guerre, carestie o anche la ricerca di migliorare la loro vita siano le principali cause. Nei fatti, i cambiamenti climatici rivestono ormai un ruolo determinante. Cambiamenti climatici che i Paesi più poveri hanno contribuito solo in minima parte a creare, mentre larga parte degli effetti legati al consumo di combustibili fossili nei Paesi di più antica industrializzazione (come l’Italia) ricade su di loro.
Il legame tra migranti e riscaldamento globale è ormai ampiamente accertato in letteratura scientifica, ma adesso per la prima volta uno studio – Linear and nonlinear influences of climatic changes on migration flows: a case study for the ‘Mediterranean bridge’, dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iia) – si preoccupa di valutare quantitativamente l’influenza dei cambiamenti climatici sulle migrazioni dalla fascia africana del Sahel all’Italia. Uno studio che dovrebbe interessare soprattutto il nostro Governo, dato che le immigrazioni “rappresentano circa il 90% degli ingressi sul nostro territorio dalla rotta mediterranea”, spiega a Luca Aterini, di Green Report, Antonello Pasini, ricercatore del Cnr-Iia e autore dello studio svolto in collaborazione con Stefano Amendola, dottorando in fisica dell’Università di Roma Tre.

L’agricoltura è un forte collegamento tra cambiamenti climatici e migrazioni

Per un’analisi più accurata, i ricercatori si sono concentrati sul periodo 1995-2009, precedente alle primavere arabe e alla crisi siriana, escludendo così conflitti recenti ed evidenziando meglio eventuali incidenze climatiche. «Nello specifico – argomenta Pasini – abbiamo utilizzato un semplice modello lineare e un altro più sofisticato di intelligenza artificiale, un sistema a rete neurale recentemente sviluppato dal nostro gruppo, in grado di evidenziare cambiamenti non graduali ed effetti del superamento di determinate soglie nelle variabili meteo-climatiche. Con il modello a rete neurale siamo stati in grado di spiegare quasi l’80% della variabilità nelle correnti migratorie verso l’Italia, prendendo in considerazione i soli dati meteo-climatici, per causa diretta e per influenza sull’ammontare dei raccolti annuali».
L’agricoltura diventa quindi un collegamento tra cambiamenti climatici e migrazioni. «Raccolti poveri ed eventuali carestie, congiuntamente alle ondate di calore durante la stagione di crescita, amplificano il fenomeno migratorio», chiarisce Pasini. Ma il fattore dominante che ha indotto queste migrazioni sembra essere però la temperatura, tanto da far pensare che il superamento di una soglia di tolleranza termica, umana ed animale, possa avere un ruolo primario sulle variazioni dei flussi migratori. «Oggi sappiamo che i paesi africani sono molto vicini a queste soglie. I nostri risultati modellistici rappresentano ovviamente solo un primo passo verso studi più ampi, che possano vedere la collaborazione con scienziati sociali per una valutazione più completa di tutti i fattori che influenzano le migrazioni – conclude il ricercatore Cnr – Nonostante ciò, ritengo che già ora le evidenze presentate in questo studio vadano seriamente prese in considerazione dal mondo della politica, affinché anche in Africa si adottino strategie doppiamente vincenti, come il recupero di terreni degradati e desertificati, che possano condurre a mitigare il riscaldamento globale e, nel contempo, a creare situazioni che prevengano il triste fenomeno delle migrazioni forzate».
Uno sforzo che dovrebbe rappresentare una priorità anche per i nostri politici, più propensi al consumo di suolo agricolo, quando invece in Italia vi sono migliaia di ettari di aree dismesse che potrebbero essere riutilizzate. Dando un contributo alla salvaguardia del territorio che produce cibo: un bene che si prospetta essere sempre più prezioso per tutta l’uanità.

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