Allarme siccità? E se allagassimo i campi d’inverno?
La proposta del Parco del Ticino sembra davvero strana
ma porta benefici all’agricoltura e alla natura


28 febbraio 2020. Sembra un paradosso, un vero controsenso: l’acqua manca all’agricoltura nella bella stagione, quando si innaffia a manetta, e qualcuno propone di rimediare allagando risaie e marcite d’inverno.
Il nesso, va detto, non è semplice da cogliere, ma i benefici sembrano ragguardevoli, sia per le coltivazioni sia per le numerose specie animali che hanno il loro habitat nei campi della bassa Pianura Padana. Sono quindi partite sperimentazioni nel Parco del Ticino e nel piemontese Parco del Sesia. Infatti, dare acqua ai terreni d’inverno non comporta uno spreco di questa insostituibile risorsa, ma consente di mantenerla in gran parte immagazzinata grazie a un enorme invaso, di gran lunga il più importante serbatoio naturale di acqua del nord Italia: non andate con la mente ai ghiacciai e nevai montani, né ai grandi laghi prealpini, bensì a qualcosa di molto più grande, anche se invisibile ai nostri occhi: è la falda sotterranea, miliardi di metri cubi che stazionano sotto il nostro suolo.

Tanta acqua… difficile da trattenere

Qui in Pianura Padana l’acqua c’è, e anche tanta. Non è un caso perciò che ancora oggi non abbiano attecchito tecniche di irrigazione come quelle “a goccia” o “a pioggia”, che permettono la coltivazione anche in aree semi-desertiche, ma si continua a utilizzare, sin dal Medio Evo, un sistema di irrigazione detto “a scorrimento” che, impiegando grandi quantità d’acqua, è uno dei fattori più determinanti che ha reso queste terre una delle aree agricole più produttive d’Europa. Il problema è sì che ce ne è tanta, ma con forti oscillazioni annuali: per capirci, manca proprio nei mesi caldi, quando più serve per l’irrigazione. Prima di tornare a parlare della falda, cerchiamo di capire perché oggi il problema si sta facendo impellente e perché gli agricoltori si lamentano sempre più.

Cambia il clima, cambiano le colture

Le serie storiche dei dati meteorologici ci indicano che non piove meno rispetto agli scorsi decenni. Le quantità annuali che cadono dal cielo sono più o meno le stesse, ma il cambiamento climatico sta agendo in un altro modo. Le precipitazioni sono sempre più concentrate nel tempo: non parliamo solo delle “bombe d’acqua”, ma del fatto che piove spesso e in grande quantità in periodi inutili all’agricoltura, come quelli autunnali. Gli ultimi due anni sono stati emblematici: piogge nell’autunno 2018, poi a seguire un inverno secco e che ha paventato un serio problema per dare acqua ai terreni per le semine. Ci ha salvato un fine aprile e un maggio insolitamente piovoso e freddo: acqua nei grandi laghi e neve nei monti hanno fatto ritornare disponibile questa risorsa in pianura per la stagione estiva. Quest’anno sembra che si stia ripetendo lo stesso andamento: piogge abbondanti in autunno e inverno siccitoso: se non cambia qualcosa in primavera, la siccità potrebbe creare problemi nei campi per la prossima estate.
Anche i cambiamenti delle colture possono aver aggravato il problema della gestione delle acque nella Pianura Padana. Fino a un paio di decenni fa, le vaste estensioni agricole a riso venivano allagate in primavera: di acqua ce n’era in abbondanza, con lo scioglimento delle nevi alpine e i laghi gonfi. Era uno spettacolo per gli occhi, ma anche un serbatoio d’acqua prezioso. Oggi, con l’avvento della coltura del riso “a secco”, tutto quel ben di Dio di acqua accumulata nei monti in inverno viene letteralmente sprecata, lasciata scorrere a valle, sino al Po e al mare.

Acque superficiali e acque di falda: un sistema unico

C’è acqua che vediamo e acqua invisibile: ci scorre lentamente sotto i piedi. Quella visibile è superficiale: immagazzinata nelle nevi e ghiacciai dei monti oppure dai grandi laghi alpini, scorre giù in pianura in fiumi di dimensioni consistenti (il Ticino o l’Adda, per intenderci) e, per quanto concerne il Milanese, attraverso una fitta e intersecata rete di canali, rogge e cavi diventa acqua irrigua, distribuita nei campi col sistema dello scorrimento.
La discesa delle acqua avviene parallelamente anche nel sottosuolo: scorre più lentamente a profondità molto variabili. Qui, nella Bassa Padana, la falda scorre a 1-3 metri sotto il suolo, e in qualche punto l’occhio esperto degli agricoltori medievali (o la sapienza dei monaci Cistercensi) hanno trovato il modo di favorire la risalita di queste acque in superficie: queste risorgive semi-naturali si chiamano fontanili e nel Parco Sud ce ne sono attivi circa 300.
I due sistemi di circolazione sono quindi interconnessi: non solo con i fontanili, che consentono di dare acqua ai campi tutto l’anno, ma anche per la porosità dei terreni. Una stagione piovosa non comporta solo fiumi in piena, ma anche l’innalzamento del livello della falda dell’ordine di un metro.

E se provassimo a fare scorta d’acqua invernale?

La sperimentazione dei due Enti Parco punta a far circolare l’acqua in inverno nella rete irrigua di pianura, dai grandi canali sino ai corsi più piccoli. L’acqua nelle zone alpine e prealpine ce n’è tanta e in ogni caso scende a valle. Può essere lasciata andare giù, fino al Po e al mare, oppure, in parte trattenuta nei campi. Non servono quantità immani: bastano poche decine di centimetri nei fossi e sommergere a pelo risaie e le marcite. In superficie e in falda si creerebbe così una enorme riserva d’acqua, disponibile per la primavera e l’estate successiva. Vedremo subito dopo i benefici, ma meglio prima spiegare che i costi sono irrisori, più che altro azioni di coordinamento con gli enti che gestiscono i corsi d’acqua, nonché i costi del personale per l’apertura/chiusura delle paratie dei canali adacquatori.

Benefici agronomici per risaie e marcite

Senza bisogno di particolari lavori di preparazione, è sufficiente aprire le chiuse del canale di entrata e immettere in risaia una piccola quantità d’acqua, che dovrà sempre essere in lentissimo movimento così da non gelare. Nelle sperimentazioni già effettuate, l’acqua è stata trattenuta per almeno un mese, con benefici dal punto di vista agronomico. Si riduce infatti in maniera consistente la presenza di semi di riso crodo, pianta infestante considerata a ragione il nemico numero uno dei risicoltori. Di conseguenza, diminuisce il danno competitivo alle colture durante la bella stagione.
Attualmente le marcite non sono attive in inverno, ma anche in questo caso si può fare scorrere in inverno un velo d’acqua e far crescere tutto l’anno l’erba dei prati per foraggio.

…e l’ambiente ringrazia

Le marcite sono un habitat faunistico di grande pregio, in particolare per gli uccelli nei momenti più freddi dell’inverno, quando il cibo scarseggia e il loro corpo necessita di energie supplementari per resistere al gelo. Indagini dell’Università di Pavia hanno inoltre rilevato in queste coltivazioni 54 diverse specie di coleotteri, 16 specie di farfalle, 21 di ortotteri (cavallette) e 30 di ragni.
Le risaie costituiscono un ambiente agricolo di grande importanza per molte specie faunistiche, a partire dagli aironi. L’allagamento invernale offre vantaggi agli uccelli limicoli, frequentatori di luoghi fangosi e paludosi: la maggiore sofficità dei terreni permette loro di accedere agli invertebrati di cui si nutrono.

Costi e benefici

Il senso delle sperimentazioni è la divulgazione di questa pratica nelle aziende agricole, determinando la diffusione dei benefici. Fondamentale sarà il ruolo dei consorzi che gestiscono i canali e navigli: vanno certamente coinvolti per le loro competenze, e al tempo stesso vanno concordati costi congrui dell’acqua trasportata, che oggi disincentivano l’uso invernale. Anche la regione Lombardia deve assumere un ruolo attivo, valutando l’inserimento di tali pratiche nel PSR (Programma di Sviluppo Rurale) e concedendo eventuali agevolazioni economiche.
L’aspetto economico è fondamentale, ma giova ricordare che i costi dell’allagamento invernale sono poca cosa rispetto a interventi idraulici come ampliare la rete idrica. E poi, come detto, il rischio di acqua insufficiente al momento delle semine e per le innaffiature estive è un dato di fatto. Il clima sta cambiando, e trovarsi un’annata con produzioni dimezzate è un rischio da prendere sul serio. Meglio prevenire.

Immagazzinare acqua in inverno e averla in campagna quando serve
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