Parco Sud: siamo a una svolta.
Ma dietro la curva c’è il baratro?

Lo scorso 1° dicembre il Consiglio regionale ha approvato una legge che modifica profondamente l’assetto istituzionale del Parco Agricolo Sud Milano.
Nonostante 44 sindaci del Parco e gran parte dell’associazionismo lombardo abbiano espresso la loro contrarietà arrivando a manifestare due volte sotto il pirellone, nonostante l’ostruzionismo dai banchi dell’opposizione in aula consiliare, la maggioranza politica al governo della Lombardia ha voluto cocciutamente varare una legge sbagliata.
A trentadue anni dalla sua istituzione, il Parco non sarà più gestito da Città Metropolitana (C.M.) ma da un nuovo ente di diritto pubblico totalmente autonomo, giuridicamente e finanziariamente.
E questo rappresenta un problema?
Di per sé potrebbe non rappresentare un problema, anche perché negli ultimi anni il Parco era diventato la cenerentola tra i settori di C.M.: le scarsissime risorse economiche ad esso riservate non consentivano di avere un direttore a tempo pieno e neppure di adeguare il numero di addetti che ormai è scandalosamente ridotto ai minimi termini. Basti pensare che dal 2015 ad oggi i dipendenti del Parco sono passati da 28 a 13.
Quindi dove sta il pericolo?
Il pericolo più grande sta sempre nelle risorse economiche che saranno ancora più scarse.
Infatti il nuovo ente non potrà più avvalersi dei servizi generali di C.M. (servizi amministrativi, gestione del personale, servizi legali, ecc.), e ciò significa che la legge appena approvata provoca un aumento dei costi di gestione senza avere previsto un adeguamento del bilancio.
In altre parole: se nella situazione attuale i soldi non bastano a garantire una sufficiente attività del Parco, cosa succederà domani quando non ci saranno più alcuni servizi che oggi sono “gratuiti”?
E poi: quanti degli attuali dipendenti sceglieranno di trasferirsi in un nuovo micro-ente ridotto alla fame? Con tutta probabilità la maggioranza preferirà restare all’interno di C.M. determinando così una grande dispersione delle competenze tecniche.
Il nuovo assetto istituzionale prevede inoltre un forte ingerenza della Giunta regionale cui spetterà la nomina di ben tre membri nel Consiglio di gestione (caso assolutamente unico nel panorama dei parchi lombardi) su 11: una forza sufficiente per minare l’autonomia del Parco.
Si potrebbe dire che la Regione tiene molto al Parco Sud e che quindi è molto interessata alla sua gestione diretta.
Peccato che questo è totalmente in contraddizione sia con la storica politica lombarda – che da sempre ha giustamente preferito lasciare agli enti locali la gestione dei parchi regionali – sia con le scarsissime risorse umane che all’interno di Regione Lombardia sono dedicate alle aree protette: anche in questo caso il personale addetto è stato progressivamente ridotto fino ad essere oggi di poche unità.
Il nostro timore è che, in questa nuova situazione di probabile paralisi dell’ente gestore, le pressioni per nuove infrastrutture stradali e soprattutto per nuovi insediamenti di logistica trovino nel Parco Sud un facile terreno di conquista.
Siamo però contemporaneamente fiduciosi che la rinvigorita alleanza vista in queste ultime settimane tra grandi associazioni nazionali, piccole associazioni locali e sindaci, saprà sorvegliare gli eventi e fermare le eventuali derive distruttive del territorio.

Paolo Lozza

l.r. 130/22: gli effetti sul Parco Sud

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