Progetto di arboricoltura per il Parco Agricolo Sud Milano

Da una falegnameria artigianale altamente qualificata
un progetto di riforestazione
per conciliare economia e ambiente

Da dove nasce l’attività di falegnameria? Di cosa vi occupate esattamente?

L’attività nasce ufficialmente nel 1963, successivamente al trasferimento a Milano di mio padre e maestro Matteo Caterino. Il mestiere, mio padre Matteo, l’ha appreso in un’antica bottega di un paese di mare in uno splendido golfo, quello di Manfredonia, dove è nato. Manfredonia è un paese che conserva ancora oggi una tradizione di vecchie botteghe e maestranze di un altro tempo.
Fin dalla tenera età Matteo ha iniziato ad andare a bottega, imparando il mestiere nel pomeriggio al ritorno da scuola. Raggiunta la maggiore età decide di partire per Milano con una valigia di cartone, così iniziò la sua avventura. Trovò impiego in alcune falegnamerie e successivamente, riuscendo ad avere qualche soldo da investire per i primi attrezzi, si mette in proprio; trova un piccolo box nel cuore di Milano vicino alla basilica di Sant’Ambrogio, quartiere dove rimane, ingrandendosi in una bottega di 130 mq in via Cesare da Sesto dove rimane per i successivi 40 anni.
É li che anche io ricevo le prime nozioni di falegnameria. Nel 1996 giunge la decisione di ingrandirsi ulteriormente, forte anche della mia presenza e dell’idea di trasferirsi in periferia, in quanto il centro di Milano stava mutando fortemente e non permetteva più un’attività di quelle dimensioni.
Arriviamo al trasferimento in periferia nella prima cerchia di Milano, nel comune di Buccinasco. Un paese molto carino e tranquillo, nel Parco Agricolo Sud Milano, facente parte della città metropolitana di Milano, comodo per i fornitori e clienti dove tutt’ora ha sede la Falegnameria Artigianale Wood Milano diretta da me, uno dei suoi tre figli, l’unico falegname, Alberto.
Ci occupiamo principalmente di arredamenti su misura moderni, ma la passione ci spinge a realizzare qualsiasi progetto di carattere artigianale in legno prediligendo il legno massello, quindi anche mobili antichi, strumenti musicali, giochi in legno e tutto ciò che contempli la trasformazione del principale materiale a cui sentiamo appartenere la nostra arte: il legno.
Utilizziamo preferibilmente il legname prodotto all’interno del Parco Sud Milano cercando di mantenere un’etica di sostenibilità. (altro…)

The Last 20. Gli ultimi 20 contano! 


Il mondo visto dagli “ultimi” 20 Paesi del mondo.
Un summit capovolto per affermare:
“Ci siamo anche noi su questo pianeta!”


L’evento, che si svolgerà a Milano dal 24 al 27 settembre, presso la Casa della Carità e presso East River, punta e evidenziare temi fondamentali, tra cui quelli della salute globale, delle conseguenze del climate change sui Paesi Last 20. È previsto anche anche un incontro dei giovani -inclusi quelli dei Paesi L20- impegnati su questi temi, in vista della PreCop 26.
L’obiettivo è quello di cambiare il punto di vista sul mondo e invita a guardarlo con gli occhi degli “ultimi”. The Last 20 misura la temperatura sociale, economica e ambientale del Pianeta, visto come un organismo vivente, e analizza i punti più sensibili della Terra, scoprendo i mutamenti che stiamo attraversando e andando alla radice dei problemi e delle
contraddizioni del nostro tempo”. E, quindi, l’obiettivo principale di “The Last 20” è soprattutto politico: quello di affermare che i Last 20 esistono e soprattutto “i Last 20 contano” e non possono essere dimenticati.
Tutto il programma dei giorni dell’evento si trova all’indirizzo https://thelast20.org/programma/milano/
L’ingresso è libero con obbligo di Green pass.
L’organizzazione è curata dal comitato “The Last 20”, nato nel febbraio 2021, riunisce i “L20”, i venti Paesi più “impoveriti” del nostro pianeta, in base alle statistiche internazionali sui principali indicatori socio-economici e ambientali. Sono i Paesi che più soffrono della iniqua distribuzione delle risorse, dell’impatto del mutamento climatico, delle guerre intestine, spesso alimentate dai G20. (altro…)

Rapporto Ispra sul consumo suolo 2020

Lombardia sempre in testa sul consumo di suolo

seguono Veneto e Campania

e i politici continuano a concedere…

Il consumo di suolo, il degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi continuano a un ritmo non sostenibile e, nell’ultimo anno, quasi due metri quadrati ogni secondo di aree agricole e naturali sono stati sostituite da nuovi cantieri, edifici, infrastrutture o altre coperture artificiali. Il fenomeno, quindi, non rallenta neanche nel 2020, nonostante i mesi di blocco di gran parte delle attività durante il lockdown, con più di 50 chilometri quadrati persi, anche a causa dell’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale.
Le conseguenze sono anche economiche, e i “costi nascosti”, dovuti alla crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo degli ultimi 8 anni sono stimati in oltre 3miliardi di Euro l’anno, che potrebbero erodere in maniera significativa, ad esempio, le risorse disponibili grazie al programma Next Generation EU.

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Glifosato avvelena i fiumi lombardi secondo l’Università Statale di Milano

I fiumi lombardi avvelenati dal glifosato
le concentrazioni di questo diserbante nelle acque
supera di ben 8 volte il consentito

Il quotidiano la Repubblica riporta che il diserbante più usato in agricoltura “arriva a sforare di otto volte i limiti previsti dalla legge”. Dove scorre il Seveso e l’Olona, l’Ampa, un composto legato all’evoluzione del glifosato, si trova in concentrazioni “anche duecento volte superiori”. Per leggere l’articolo clicca qui

Veleni nei campi / 2

Fanghi tossici in agricoltura:
ecco come si stanno muovendo le autorità
per andare verso le bonifiche


(di Pietro Gorlani – da Il Corriere della Sera del 3 luglio 2021)

La filiera del disastro messo in atto dalla Wte — lo spargimento di 150 mila tonnellate di fanghi tossici spacciati per fertilizzanti e finiti su 3mila ettari di campi tra il 2018 e il 2019 — ora è completa. I Carabinieri Forestali, su sollecito degli enti locali e con il benestare della Procura, hanno inviato a 78 comuni del nord Italia (31 sono bresciani) l’elenco degli spargimenti e anche delle aziende agricole interessate. Comuni che ora possono capire nel dettaglio dove sono avvenuti.

E si inizia ad intravvedere il difficilissimo iter della possibile (ma improbabile) bonifica. Il ministero della Transizione Ecologica nel rispetto del Testo unico ambientale, vuole che siano i comuni a chiedere la rimozione dei rifiuti alla Wte ed ai proprietari dei terreni. Se si rifiuterà (stesso caso di quanto accaduto alla Caffaro) l’intervento ricadrebbe su gli stessi comuni o in seconda battuta sulla Regione. Un compito titanico, visto che togliere i primi 30 centimetri (la superficie arabile) da 3mila ettari di campi significa portare in discarica (o ad impianti di trattamento) la bellezza di 10 milioni di metri cubi di terreni. Non basterebbero nemmeno i 12 milioni che la Procura ha preventivamente sequestrato alla Wte. Un iter che si preannuncia difficile, in quanto negli ultimi due anni quegli stessi terreni possono aver ricevuto altri liquami, non per forza della Wte.

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Veleni nei campi / 1

Veleni spacciati per fertilizzanti:
coinvolti 78 comuni del nord Italia
alcuni del Parco Sud (tra cui Milano)

(di Pietro Gorlani – dal Corriere della Sera del 25 giugno 2021)
I fanghi tossici della ditta bresciana Wte sono stati sparsi in 78 comuni del nord Italia, quasi tutti lombardi. Sono stati gli stessi Carabinieri Forestali — su sollecito degli enti locali e con il benestare della Procura di Brescia — a inviare alle amministrazioni locali l’elenco delle società agricole che tra il 2018 ed il 2019 hanno ricevuto 176 carichi di finti fertilizzanti, per la bellezza di 150 mila tonnellate, sparse su 3mila ettari di campi agricoli. «Chissà il bimbo che mangia la pannocchia di mais cresciuta su quei campi» diceva al telefono (non sapendo di essere intercettato) Antonio Carucci, responsabile commerciale della Wte.
Ora la stessa Wte, insieme ai proprietari terrieri, dovrà provvedere a rimuovere quelli che il ministero della Transizione Ecologica definisce «rifiuti» e non fertilizzanti. Se non ci penseranno i privati saranno gli stessi Comuni a dover intervenire o, in seconda battuta, la Regione. Ma l’iter della possibile bonifica inizia tutto in salita, come ha ricordato ieri in commissione regionale Agricoltura il direttore di Arpa Brescia, Fabio Cambielli: sono passati due anni dallo spargimento di quei fanghi, sugli stessi terreni potrebbero essere finiti altri liquami e la correlazione tra eventuali inquinanti riscontrati oggi e le responsabilità pregresse della Wte diventa molto flebile. Anche perché se si dovessero scorticare i primi 30 centimetri di tutti gli ettari «avvelenati» dai fanghi si formerebbe una montagna di 10 milioni di metri cubi. Per smaltirli in discarica o trattarli non basterebbero nemmeno i 12 milioni che la Procura ha preventivamente sequestrato alla Wte.

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